FIRENZE – Dalla cooperazione decentrata intesa (sbagliando) come mero assistenzialismo al co-sviluppo, che è qualcosa di diverso: un movimento in due direzioni, figlio di un bisogno di cooperare che non è mai solo di una parte, perché il clima che cambia ignora i confini, ad esempio, e la parità e uguaglianza di genere inizia nelle città  e regioni del cosiddetto mondo più ricco.
Se ne è parlato per tutto il giorno, il 6 aprile, a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della presidenza della Regione a Firenze, nel seminario sulla cooperazione e gli obiettivi dell’agenda 2030 dell’Onu per un mondo più sostenibile, dedicato al Mediterraneo e con un focus particolare sulla Tunisia. E la sfida è proprio questa: superare la vecchia dicotomia tra nord e sud, tra primo e terzo mondo e creare un sistema in cui gli attori locali contano di più e sono capaci di ‘localizzare’ quegli obiettivi nei territori.
Le pratiche locali per lo sviluppo sostenibile presentate ieri, frutto della riflessione che la Toscana ha avviato nel 2015 su quanto è stato fatto negli ultimi quindici anni (per capitalizzarlo ma anche correggere eventuali errori), riguardano la partecipazione alle decisioni politiche pubbliche locali, le politiche per i giovani e la gestione sostenibile dei servizi pubblici. Spunti sono arrivati anche dalla Generalitat di Valencia in Spagna e dall’Undp in Tunisia, il programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite. La riflessione proseguirà e tra le proposte lanciate c’è infatti quella di dar vita a Firenze ad un centro-laboratorio di discussione, presso l’istituto agronomico d’Oltremare.
L’iniziativa è stata presieduta dalla vice presidente della Toscana Monica Barni.
Fonte: Regione Toscana