FIRENZE – L’agenzia delle entrate contesta l’Iva detratta dall’azienda per il diritto allo studio universitario, quella che la stessa agenzia ha regolarmente rimborsato negli ultimi dieci anni. E presenta un conto, solo per il 2011, di oltre nove milioni, di cui la metà sono sanzioni e interessi.
L’accertamento risale all’anno scorso ed ancora si aspetta una risposta da Roma: l’azienda ha presentato le sue controdeduzioni. La vicenda è stata però evocata oggi dal presidente della Toscana Enrico Rossi e dalla vice presidente Monica Barni, in un intervento sull’Huffington Post a difesa del diritto allo studio.
Il punto di partenza – l’accertamento dell’agenzia delle entrate – è tecnico: di fatto si contesta al Diritto allo studio toscano (ma anche al Friuli Venezia Giulia e presto ad altre Regioni) di aver applicato un regime proprio di enti commerciali, in particolare per la mensa degli studenti, con la possibilità di stornare l’Iva pagata da quella riscossa e, nel caso di differenza negativa, chiedere un rimborso. Cosa che per oltre dieci anni l’agenzia delle entrate ha regolarmente autorizzato.
Ma il tema è più ampio. “C’è di mezzo la difesa del diritto allo studio – sottolinea il presidente Rossi - A cosa è servito lo sforzo negli anni del governo, delle Regioni e dei singoli studenti universitari se, con una improvvida partita di giro dell’Agenzia delle Entrate, si mette in forse la prosecuzione delle politiche di supporto al diritto di accesso allo studio?”. Dopo il 2011, se l’interpretazione sarà confermata, il conto crescerà infatti ulteriormente.
“Lo studio universitario è stato e resta un importante ascensore sociale – scrivono Rossi e Barni -, in un momento storico in cui le diseguaglianze aumentano, 7,2 milioni sono i poveri in Italia che non si possono permettere spese extra, e la disoccupazione giovanile sfiora il 40 per cento”. “Il governo italiano – ricordano – ha sempre sostenuto, con le politiche del diritto allo studio, l’accesso agli studi universitari dei giovani meritevoli e privi di mezzi”. Nel 2016 ha addirittura aumentato il fondo integrativo statale che finanzia borse di studio, servizi mensa e alloggi, portandolo da 162 a quasi 217 milioni. Con la tassa del diritto allo studio (225 milioni), pagata dagli studenti universitari in favore degli studenti meno abbienti, e con le risorse proprie autonomamente investite dalle Regioni per finanziare le borse di studio (130 milioni), la collettività nazionale investe 570 milioni di euro l’anno. E poi ci sono le spese di funzionamento delle aziende del diritto allo studio, anch’esse a carico delle Regioni.
Fino ad oggi in Toscana il servizio di mensa e alloggio del diritto allo studio, in quanto non funzionalmente collegato all’università , è stato assoggettato ad Iva. “E dal momento che i prezzi che le mense e le residenze praticano agli studenti non coprono integralmente i costi di produzione – spiegano Rossi e Barni -, perché l’obiettivo è offrire solo buoni servizi e non fare profitti, le aziende risultano spesso a credito di Iva”. Quei soldi sono stati reinvestiti in servizi e adesso l’agenzia delle Entrate li richiede indietro, mentre il Parlamento si appresta a discutere una norma che, se non modificata, potrebbe avvalorare ulteriormente interpretazione.
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Fonte: Regione Toscana