FIRENZE – “L’Unione Europea è un sogno e un progetto che deve continuare a vivere. A 60 anni dalla firma dei Trattati e a 30 anni dal varo del programma Erasmus di mobilità tra studenti dobbiamo tutti lavorare per un’Unione più coesa, equa e ancora più forte”.
Lo sottolinea il presidente della Toscana Enrico nel messaggio affidato agli organizzatori del Festival d’Europa che si ripete ogni due anni, presentato stamani e che animerà Firenze, per la quarta volta, dal 4 al 9 maggio, con oltre cento eventi, venti diverse location, diciotto enti e associazioni coinvolte e studenti Erasmus provenienti da ventotto paesi.
Per Rossi “alle sirene dei populismi e all’infamia dei muri è necessario contrapporre un nuovo umanesimo fondato sulla dignità e sull’uguaglianza delle persone, sulla difesa del lavoro, della libertà di movimento”. “L’Europa – dice – deve continuare a credere nel suo modello sociale, nella sua apertura e nella cooperazione democratica tra paesi. Se questo non avverrà , se la Ue sarà prudente, spaventata, chiusa, il suo destino resterà sopraffatto dagli egoismi, dalle crisi politiche dei singoli Stati, dai tentennamenti verso il governo di una sfida epocale come le migrazioni di massa, dall’incapacità di contrastare la minaccia del terrorismo”.
Per il presidente della Toscana la ricetta per costruire l’Europa dei popoli può essere solo una: rinnovare e potenziare le politiche di coesione, nate per abbattere squilibri e correggere gli errori di un’Europa schiacciata sul mercato. E arrendersi sarebbe fatale.
“Ricordo – scrive - quando Jacques Delors spiegò che la coesione era necessaria per compensare la concorrenza tra paesi con diversi modelli di sviluppo. Individuò una soglia minima da versare nel bilancio comunitario pari all’1,2% del Pil di ogni paese membro. Oggi, a distanza di un quarto di secolo, siamo scesi allo 0,9%. E’ troppo poco. E immaginare una riduzione di questa proporzione sarebbe esiziale. E’ dovere delle forze democratiche contrastare facili slogan come “diamo all’Europa più di quanto prendiamo”. I facili e anacronistici egoismi trascurano il valore inestimabile dell’appartenenza al più grande e ambizioso progetto politico, economico e sociale della storia democratica del dopoguerra”.
C’è poi l’obbligo di ridare all’Europa “una dimensione popolare e rigenerare l’europeismo come passione politica”. Rossi dice di condividere le parole pronunciate di recente da Michael Braun, consigliere scientifico dell’ufficio italiano della Friedrich-Ebert-Stiftung.
“Ci ha ammonito – spiega – sul fatto che una riduzione ai minimi termini dell’idea d’Europa come luogo di pace e prosperità ereditato dal secondo dopoguerra “non è più sufficiente a mobilitare i popoli europei” in sua difesa, soprattutto perché la prosperità e le maggiori opportunità economiche oggi appaiono meno presenti di quanto non lo fossero allora”.
Ricorda anche l’appello, lanciato a metà degli anni Quaranta, da Alberto Savinio. “Partigiani di tutta l’Europa, unitevi” diceva. Un appello ancora oggi valido, rivolto a chi si impegna per l’Europa “non per ordine o opportunismo ma per vocazione e sincero proprio impulso”.
Fonte: Regione Toscana