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[Lucca] IL FIUME DELLA VALLE DEL SERCHIO

Lucca –

Ha le sue sorgenti in alta Garfagnana, in quella zona che si estende tra le Apuane settentrionali e l’Appennino. Non esiste un’unica sorgente, sono diverse che si raccolgono in due rami o corsi principali: uno che proviene dalle Alpi Apuane ed il secondo dagli Appennini e precisamente da quello Tosco-Emiliano.
La conca glaciale di Orto di Donna, racchiusa tra i monti Pisanino (mt. 1947) e il Pizzo d’Uccello (mt. 1781), da origine ad alcune sorgenti che dai prati di Val Serenaia si riversano verso Minuccia-no in un alveo profondo, incassato fra le rocce. In questo tratto si trovano anche delle risorgive.
Altre sorgenti si trovano nella piana di Gorfigliano, ai piedi del Pisanino e danno origine a quel ramo del Serchio che prende il nome di Acquabianca, nome dovuto al colore dell’acqua, lattiginoso, a causa dell’erosione di rocce marmifere.
Questi due corsi, l’Acquabianca ed il Rio di Minucciano, si uniscono nei pressi del paese di Gra-molazzo formando un unico corso detto il Serchio di Gramolazzo; oggi a causa di una diga questo corso di acqua forma un lago detto di Gramolazzo che ha una superficie assai estesa. Questo tratto di fiume è anche detto Fiume di San Michele a causa di una chiesa dedicata all’Arcangelo che si trova nei pressi di Piazza al Serchio, qui esiste anche un ponte medievale che permetteva alla Via Francigena lo scavalcamento del fiume.
Le sorgenti del ramo Appenninico hanno origine nella vallata di Soraggio ed in parte in quella di Dalli, due frazioni territoriali diametricalmente opposte alle precedenti. Nella valle di Soraggio le sorgenti si trovano nei prati sottostanti il Passo di Romecchio ad una quota di circa 1500 mt. Sul li-vello del mare. Il neonato ruscello scende a valle costeggiando gli abitati di Brica e Metello, unen-dosi poi al ramo di Sillano o di Dalli nei pressi dello storico “Campus o Castrun Sillani”, nome ro-mano dell’antico abitato di Sillano.
Una della sorgente del ramo di Soraggio nasce, secondo una leggenda, dalla Caverna delle Fate situata nel fianco della montagna. Il ramo di Dalli o di Sillano nasce nelle selve di antichi castagni tra la Cima Belfiore (mt. 1210) e il monte di Sillano (mt. 1847), sotto al Passo di Pradarena (mt. 1579).
Questi due rami, detti dai cartografi Serchio di Soraggio e Serchio di Gramolazzo, si riuniscono in unico corso sotto le gole di San Donnino, immediatamente a valle di Piazza al Serchio formando un unico corso, il Serchio o l’Auser, il fiume sacro alle popolazioni di ceppo ligure della Garfagnana antica. Una antica diatriba, ancor oggi in parte non sedata, darebbe l’onore di essere l’unica, vera sorgente del Serchio a quella che sgorga dalla Grotta delle Fate di Soraggio. Di contro,un’altra versione, darebbe questo onore alla sorgente del Pisanino, ma nella realtà nessuna risorgiva può vantare questo onore in quanto è appurato che il fiume nasce da una fitta rete di risorgeive, piùo meno grosse, dall’incontro con torrentelli, fino a che, sotto i doglioni nerastri, detti i Pitoni, nella zona di San Donnino, i due rami si incontrano formando un solo corso. Da qui forse il nome del paese di Piazza al Serchio, in antico Sala o Piazza.
Da qui in avanti il Serchio scorre attraverso gole,più o meno profonte, verso Castelnuovo di Garfagnana e da qui verso la pianura di Lucca, facendo ancora da confine naturale tra la catena delle Apuane e quella Appenninica.
Dopo Piazza al Serchio il fiume incontra gli alti massi della Capriola, su cui insiste l’abitato di Pog-gio e da qui si addentra nell’ampio pianoro che esiste, incontrando il lago formato dallo sbarra-mento di Pontecosi e raggiungendo Castelnuovo.
Dopo aver formato una grande curva per evitare le pareti rocciose di Monteperpoli, si incassa tra strette e profonde gole fino al Ponte di Campia per poi allargarsi di nuovo nella piana di Barga e di Coreglia. Si restringe di nuovo nella zona di Calavorno, per poco, tornando ad allargarsi tra Piano della Rocca e Borgo a Mozzano. Nella zona di Fornoli raccoglie le acque de La Lima, il suo maggior affluente di sinistra che porta a valle le acque dell’Abetone, passa sotto le arcate del medievale Ponte della Maddalena o del Diavolo a Borgo a Mozzano, rimanendo molto largo fino al Piaggione. Abbiamo una repentina strozzatura nella zona del Rivangaglio, affluente di destra, dove le ripide pareti del Monte Castellaccio, detto anche la Penna di Sesto, scendono fino quasi sul fiume.
Torna ad allargarsi nella zona del Morianese e senza più variare, salvo la breve strozzatura di Ri-pafratta, raggiunge il mare Tirreno dove si getta con una foce che attualmente si trova a pochi chilometri a nord di quella dell’Arno. In epoca antica le foci dei due fiumi erano talmente vicine che, secondo Strabone, le acque impetuose, cozzandosi, formavano una muraglia.
Due cose caratterizzano il suo corso: dalla zona di Monte San Quirico (Lucca) in poi il fiume scor-re su di un alveo artificiale pensile e nella zona a valle di Ripafratta (Pisa) il fiume rimane quasi a-sciutto nel periodo estivo, in quanto le sue acque vengono usate per l’irrigazione e vengono dirottate nel canale detto Macinante. Dopo Vecchiano, a causa dell’abbassamento del fondale, si verifica il fenomeno detto di rincollo e l’alveo si riempie nuovamente.
Siamo alla foce, abbiamo percorso circa 103 chilometri da quelle sorgenti di alta montagna. Il nostro fiume, dalle sorgenti fino al Ponte di Moriano, fatta eccezione per i recenti laghi artificiali, cammina da secoli sull’antico, primordiale tracciato. E’ forse questo il fiume Sacro, l’Aesar o Auser del Liguri Apuani e degli Etruschi, il medievale Auserculus o Serclo. Dal Ponte di Moriano alla foce, ha subito variazioni dovute ad imbrigliamenti ed incanalamenti onde evitare continue fuoriuscite e allagamenti. Forse da qui la leggenda di San Frediano.

GLI AFFLUENTI:

Durante il percorso, dopo Piazza al Serchio, il fiume riceve apporto idrico da diversi corsi d’acqua posti sulle due sponde. Va tenuto presente che il bacino del Serchio è ricco di acque. Infatti, una media delle precipitazioni ci fa notare che siamo in zona tra le più elevate d’Italia – circa 3000 mm. nella zona delle Alpi Apuane e 2000 mm. in quella appenninica.

La parte destra è più importante perché i suoi corsi d’acqua, provenienti dalle Apuane sono in massima parte ricchi di acqua nell’intero periodo dell’anno.

– EDRON o Fosso della Ferriera: nasce dal monte Tambura e dal Sumbra, nel territorio di Vagli. Il percorso è interrotto da una diga che forma il grande lago di Vagli. Si getta nel Serchio dopo aver sfiorato il colle della Capriola su cui sorge l’abitato del Poggio.
– TURRITE SECCA: ha la sua sorgente nella vallata di Arni sul versante nord del monte Altissimo. Fino all’abitato di Isola Santa scorre in un corso sotterraneo. Si getta nel Serchio a Castelnuovo Garfagnana dopo un percorso di circa 16 Km. ed ha una portata massima di 450 l/sec. . Presso Isola Santa è chiusa da uno sbarramento che forma il lago omonimo. Il nome Turrite o Torrite, deriva con molta probabilità da una voce mediterranea che significa “colle”.
– TURRITE DI PETROSCIANA: detta anche di Gallicano, ha le sue sorgenti nei pressi del monte Forato e della Pania: la sorgente della “Chiesaccia”, sotto il Forato e quella detta “dei Gangheri” nei pressi di Vergemoli. Si getta nel Serchio nei pressi di Gallicano con una portata media di 800 l/sec. Una diga sul suo percorso forma un lago detto di Trombacco.
– TURRITE CAVA: questo corso d’acqua ha due sorgenti, una nella Val di Turrite che raccoglie le acque del monte Matanna e l’altra nella zona di Palagnana che raccoglie le acque del monte Nona. I due rami si uniscono a nord dell’abitato di Fabbriche di Vallico, nella frazione di Gra-gliana. Dopo Fabbriche di Vallico, raccoglie gli sgrondi del Gragno e del Palodina. Si getta nel Serchio nella zona di Cardoso di Gallicano dopo aver formato, causa una diga, il lago omoni-mo. Nei tempi passati il percorso della Turrite segnava il confine fra lo Stato di Lucca e quello di Modena.
– PEDOGNA: ha origine dai monti Prana e Piglione, la sorgente più importante è quella detta “Rio delle Campore”. Presenta regime torrentizio ed in caso di piena assume carattere di pericolosità ed è per questo che l’ultimo tratto è stato arginato in maniera solida. Si getta nel Serchio nelle vicinanze dell’abitato di Diecimo.
– CELETRA: torrente situato nella zona di Valdottavo, povero di acque e quindi non presenta notevole importanza.
– RIVANGAGLIO: torrente che ha origine nella zona di Gugliano e che segna in parte il confine tra i Comuni di Lucca e Borgo a Mozzano. Si getta nel Serchio di fronte al Pittone e nei pressi della sua foce si trovava l’Ospedale medievale di San Giacomo, oggi distrutto. Rimangono solo le vestigia di un ponte medievale che lo attraversava.
– FREDDANA: ha la sorgente nella zona del Montemagno di Camaiore, sfocia nel Serchio nella zona di Monte San Quirico, nei pressi di Lucca. Carattere prettamente torrentizio, solitamente asciutta, diviene estremamente pericolosa in caso di piena.
– CONTESORA: raccoglie le acque delle colline dell’Oltreserchio e si unisce al Serchio presso Ponte S.Pietro. anche questo corso d’acqua ha carattere torrentizio e diviene pericoloso in caso di piena.

Gli affluenti di sinistra non hanno in genere ricchezza di acque perenni, sono solitamente a ca-rattere torrentizio ad eccezione della Lima.

– RIO DI CORFINO: nasce dal monte delle Forbici e riceve le acque da Bocca di Scala, Monte Vecchio e Pania di Corfino dove esiste una grossa sorgente detta “Pollona di Magnano”. For-ma il lago di Villa Collemandina e si getta nel Serchio presso il lago di Pontecosi.
– TORRENTE DI CASTIGLIONE: ha la sorgente sul monte Giovarello e si getta nel Serchio presso Pontardeto, vicino a Castelnuovo Garfagnana.
– TORRENTE SILLICO: nasce dal monte Spicchio e dal monte Albano. Sfocia nel Serchio nei pressi di Volcascio a sud di Castelnuovo Garfagnana.
– TORRENTE CESERANA: sorgente alle pendici del monte Romecchio e si getta nel Serchio presso l’omonimo ponte sul bivio per Fosciandora.
– TORRENTE CORSONNA: nasce dalla Cima dell’Omo e dal monte Nuda, scorre nelle vicinanze di Castelvecchio Pascoli e si getta nel Serchio presso S.Piero in Campo in loc. den. “L’Arsenale”.
– RIO LOPPORA: nasce in località Napola e si unisce al Serchio presso Fornaci di Barga.
– TORRENTE ANIA: nasce dal monte Giovo e si getta nel Serchio nell’omonima località, vicino a Piano di Coreglia. Il nome sembra provenire da voce celtica “Anjus” significante “ontano”. In effetti sul torrente si trovano cartiere.
– TORRENTE SEGONE: sorgente presso Foce a Fobbi e si getta nel Serchio in località “le Capan-ne di Ghivizzano”.
– TORRENTE SURRICCHIANA: proviene dal monte Alpicello e dopo un percorso parallelo a quello del Rio Segone si getta anch’esso nel Serchio presso “le Capanne di Ghivizzano”:
– TORRENTE FEGANA: nasce dalle Tre Potenze, attraversa i dirupi dell’Orrido di Botri e conflui-sce nel Serchio nei pressi del Ponte di Calavorno.
– FIUME LA LIMA: maggior affluente del Serchio ha una portata di acqua pari ai ¾ di quella delle stesso fiume. Proviene dai monti dell’Abetone, raccoglie, a destra, le acque del Sestaione, del Coccia, della Scesta e del Camaione. Sul lato sinistro la Verdiana, il Limestre, il Liesina, la Fossa Fredda, la Bugliesima, la Benabbiana e la Pizzorna, nonché le acque di sgrondo delle maggiori vette appenniniche della zona. Nella zona di Cocciglia il percorso si restringe fino a formare le famose strette. Bagna le località dei Bagni di Lucca e si getta nel Serchio a sud delle frazioni di Chifenti e di Fornoli unite fra loro dal Nottoliniano Ponte delle Catene costruito attorno al 1842. Fiume pericoloso per la pendenza eccessiva e la ristrettezza dell’alveo paradiso per i canoisti estremi, in caso di piena può provocare danni.
– TORRENTE LA VINCHIANA: nasce dalle falde del Pietra Pertusa e confluisce nel Serchio presso l’omonimo abitato. E’ interrotto da un invaso che oltre alle sue acque raccoglie anche quelle di un canale sotterraneo proveniente da Borgo a Mozzano.
– TORRENTE LA FRAGA: nasce anche questo dal Pietra Pertusa, attraversa un vasto territorio pedemontano, facendo da confine tra i Comuni di Lucca e Capannori e si getta nel Serchio in località “Bocca di Fraga” Essendo a carattere torrentizio è in regime di secca per buona parte dell’anno.

I PONTI:

Vari sono i ponti che si trovano sul corso del Serchio, vanno però considerati sui due rami fino alla con-giunzione in unico corso presso Piazza al Serchio.
Il ramo proveniente da Gramolazzo aveva diversi ponti, due o tre oramai crollati e quasi scomparsi, dei quali non si conosce l’origine e la storia, mentre di altri tre conosciamo storia ed importanza. Uno si trova presso Gramolazzo, uno è il celebre ponte medievale di S. Michele e l’altro è il ponte presso Piazza al Ser-chio. Il ramo proveniente da Sillano ci presenta l’antico ponte presso l’abitato, detto Ponte della Madonna e presso l’abitato di Sala, sulla via Nazionale, un ponte a tre arcate, detto appunto di Sala, attraversa il fiu-me prima della confluenza col ramo di Gramolazzo. Questo ponte fu costruito attorno al 1874 e sostituì un’antica costruzione in legno distrutto in epoca non precisata. Successivamente troviamo il ponte di Pe-trognano costruito alla fine del 1800.
Presso Pontecosi si trova un ponte medievale che traversava un rio prima che questi confluisse ne Ser-chio e vicino si trova una cappella dedicata alla Madonna. Nella zona di Castelnuovo Garfagnana si trova l’antichissimo ponte di Santa Lucia che dicesi costruito da Castruccio Castracani, a due arcate, restaurato nel 1480 dal Duca di Ferrara Ercole I. sulla statale, vicino al ponte di Santa Lucia, alla fine del 1800 venne costruito un nuovo ponte ed un altro, nella nuova zona industriale, è stato realizzato negli anni ’90.
Passato Castelnuovo si incontra il Ponte di Ceserana che, costruito nel 1849, collega la strada statale con i paesi del Comune di Fosciandora. Vicino a questo ponte, verso valle, si trovava il Ponte detto di Orlando o di Riana che univa i paesi di Perpoli e Fiattone, in destra del Serchio, con il paese di Riana in sinistra. Venne ricostruito da Castruccio sulle rovine di un vecchio manufatto realizzato dagli Orlandinghi proprietari di quella zona. Caduto in rovina venne ricostruito nel 1603 dalla Repubblica Lucchese perché ritenuto impor-tante dal punto di vista militare. Venne successivamente distrutto da una frana nel 1772 e non fu più rico-struito nonostante le numerose richieste. Al suo posto, nel popolo di Fiattone venne realizzato un traghetto. Questo luogo esiste tuttora, si tratta della località detta “la Barca”, toponimo che ci ricorda l’antico servizio che ebbe a durare fino alla fine del 1800. I ruderi del ponte rimasero visibili fino ai primi anni del 1900.
Sempre nel territorio di Fiattone, nei primi anni dopo il 1000, venne edificato un nuovo ponte. Ne abbia-mo notizia in un documento del settembre 1188, una donazione fatta al Rettore del vicino Ospitale di S. Jacopo “de ponte ad popolum”. Non ci tragga in inganno il nome che non significa “ponte del popolo”, bensì di “ponte al pioppo”, forse perché doveva sorgere nei pressi di una pioppeta.
Cadde ben presto in rovina e gli abitanti di Barga richiesero più volte la riedificazione che venne deliberata nel 1491 “…edificando et costruendo pontem Fiattoni vocatum pontem ad popolum…”. Il ponte però non venne più ricostruito.
In località Campia a circa 8 Km. da Castelnuovo, nel 1870, a spese del Comune di Barga, venne costruito il ponte omonimo che unisce la via Provinciale con la nuova strada per Barga. Qui sulla riva destra si trova l’antica osteria frequentata da Giovanni Pascoli che risiedeva nel vicino paese di Castelvecchio. successiva-mente si trovavano alcune passerelle pedonali, oggi trasformate in ponti stradali.
Si giunge infine al ponte di Calavorno che ha origini antichissime. Infatti sulla riva sinistra sorgeva l’Ospitale di San Leonardo sulla Via del Volto Santo, noto fino dal XII secolo.
Caduto in rovina venne riedificato nel 1376 a cura e spese delle Comunità di Coreglia, Ghivizzano, Tere-glio, Vitiana, Lucignana, Gioviano e Terzona. Un disegno del ponte si trova in un martilogio della Repubblica lucchese del 1630. Abbiamo notizie di vari restauri e rifacimenti negli anni 1557,1657,1690,1733, ma nonostante ciò la struttura originaria si è mantenuta fino ad oggi. Anticamente il luogo dove sorgeva il ponte si chiamava San Nicolò di Calavorno.
Da qui si arriva al luogo ove si trova il ponte più famoso costruito sul Serchio: il ponte della Maddalena o del Diavolo in Borgo a Mozzano.
Forma ardita ed imponenza sono le caratteristiche di questa opera attribuita alla Contessa M;atilde e poi, nella forma attuale a Castruccio Castracani. Conserva a tuttoggi la struttura originaria, tutta in pietra e, uni-ca variante, alla fine del 1800 la chiusura dell’ultimo arco, sulla sponda destra, per consentire il passaggio della linea ferroviaria Lucca-Castelnuovo Garfagnana. Successivamente la costruzione dello sbarramento del fiume, a valle del ponte stesso, ha creato un lago che, anche se ha nascosto alcune parti del ponte, ha creato una coreografia abbastanza piacevole.
Durante la Repubblica Luicchese la manutenzione della struttura era a carico delle Vicarie del Borgo a Mozzano e del Bagno di Corsena (ndr. Bagni di Lucca – Valdilima). Subì alcuni danni nella piena dell’ottobre 1836 a causa degli urti violenti dei tronchi trasportati dalla corrente. Non fu minato dai tedeschi nel 1944 e nello stesso periodo gli americani tentarono di attraversarlo con una jeep. La sua struttura è tipicamente militare: larghezza limitata, profilo a schiena d’asino ne limitavano l’uso solo a pedoni e bestie a soma. Il nome originale deriva dalla vicinanza di un Ospitale dedicato a S. Maria Maddalena, ospedale che, come il ponte, si trovava sul nodo viario che vedeva coinvolte la via per i monti della Garfagnana, la Francigena e la via del Volto Santo o Clodia nova. Probabilmente l’opera in ceramica invetriata, attribuita a Andrea della Robbia raffigurante la Santa Maddalena – oggi nella chiesa di S. Jacopo di Borgo a Mozzano -, provine da questo Ospedale.
Sotto questo ponte storico si trova il moderno ponte Umberto I detto anche “ponte pari” costruito nel 1899 e successivamente ammodernato nel 1948.
Per volontà di Carlo Lodovico di Borbone, Duca di Lucca, nell’anno del Signore 1836, venne realizzato in località Avarano tra Diecimo ed il bivio per Valdottavo, un ponte in pietra e mattoni, con ringhiera in ferro, a cinque arcate. Danneggiato dalla piena avvenuta nello stesso anno della costruzione, venne distrutto to-talmente da quella terribile del 1843 e non venne più edificato. Alcuni ruderi sulla sponda sinistra hanno contribuito a creare il toponimo “Ponte Rotto” per identificare il nucleo abitato più a nord del Comune di Lucca.
Finalmente siamo giunti al nostro ponte, il Ponte di Moriano. Unione delle due borgate, la destra più antica, con reminiscenze romane e medievali; la sinistra più moderna, feudo di nobili famiglie lucchesi, prettamente agricola e culla della industrializzazione nascente.
Origini antichissime, si parla di una località detta “ad pontem” in un atto del gennaio 844, si trova nomi-nato ufficialmente, per la prima volta nell’atto del 17 febbraio 1115 con il quale il Vescovo di Lucca Rodolfo proibisce a chiunque di costruire o possedere molini da Sesto fino a quel torrente detto la Mulerna maggiore e fino al Ponte di Moriano, riservando questo privilegio a Gottifredo, Sigismondo e Baruncione.
Nei pressi del ponte esisteva l’Ospitale di S. Ansano gestito da una Confraternita detta dei Pononari o Pontonieri della quale erano Rettori di diritto, ex jure, i parroci di S. Ilario di Brancoli e di S. Ginese di Mammoli.
Andato più volte in rovina per cause di guerra o di piene, venne riedificato anche con la partecipazione alle spese del Vescovo di Lucca che aveva la sua roccaforte nel Castello di Moriano. Il ponte infatti faceva da confine tra la Jura Vescovile e il Comune di Lucca, due potenze con leggi e regole diverse. Infatti anche il ponte di Moriano aveva le stesse caratteristiche strutturali del ponte della Maddalena, caratteristiche tipiche di tutti i ponti medievali.
Nel 1396 venne distrutto dalla Compagnia di ventura al comando del Conte da Barbiano e venne ricostruito da Paolo Guinigi nel 1403 totalmente in legno. Nel 1488 era nuovamente in rovina tanto che il Vescovo Sandonnini e la Repubblica di Lucca incaricarono Matteo Civitali di ricostruirlo, il che avvenne nel 1490. Da una lapide, che era posta sul ponte, sappiamo che la piena del fiume distrusse tre archi e che Vincenzo Civitali, nipote di Matteo riedificò nel 1581. Questo ponte resse alla piena del 1812, ma dovette soccombere a quella del 1819. Sempre da una lapide posta nel mezzo del ponte sappiamo che Carlo Lodovico di Borbone lo fece ricostruire nel 1826 su disegni dell’ing. Lazzarini Giovanni e dell’ing. Giacomo Marracci, l’impresario fu Ferrante Nieri, nonno dello scrittore Idelfonso.
Da qui alla foce esistono altri ponti importanti, antichi e carichi di storia. Preferiamo fermarci a questo punto, non per campanilismo, ma per motivi logistici in quanto la nostra storia inizia da qui. Possiamo solo accennare che, a valle del Ponte di Moriano esisteva, fin dai secoli precedenti l’ XI secolo, un piccolo porto fluviale in località denominata “Quercia Georgi o in Pectule”. Questo luogo si trovava sulla sponda destra all’incirca di fronte al campanile della chiesa di Saltocchio: nato come torre di guardia, vigilava su di un piccolo guado che immetteva la sponda destra sulla via Lombarda che si trovava su quella sinistra e che an-cora oggi passa dietro al Supermercato in località Ponterosso.
I ponti successivi, nella zona di Lucca, sono quello di Monte S. Quirico e quello di Ponte S. Pietro.

FONTE ROMBOLI PIERGIORGIO

Fonte Verde Azzurro