ALTOPASCIO. Il cancello principale è chiuso. Sprangato da un lucchetto. Per entrare è obbligatorio passare dall’accesso secondario, in via Ponte ai Pini, a un paio di chilometri in macchina. Bisogna però conoscere bene la zona, perché non ci sono cartelli che segnalano l’entrata, né tantomeno il percorso per arrivarci. Eppure il destino dell’oasi del Sibolla, in località Ferranti ad Altopascio, una zona umida ad alto interesse naturalistico per la sua varietà di specie vegetali, avrebbe dovuto essere diverso da quello attuale.
Diventato riserva naturale nel 1996, nel 2009 il lago è stato interessato da una convenzione triennale congiunta, esauritasi nel 2011, che ha visto protagonisti la Provincia di Lucca, il Comune di Altopascio e il Consorzio Bonifica Padule di Fucecchio: i tre enti hanno messo a disposizione per la gestione ordinaria del Sibolla 90mila euro, 30mila da Palazzo Ducale, 15mila dal municipio e i restanti 45mila dal Consorzio. A questa cifra, si sono aggiunti 60mila euro annui per l’opera di scavi, pulizia fossi, e taglio della vegetazione infestante. Caduta però nelle maglie della burocrazia, a causa della riallocazione delle funzioni della Provincia, passate in parte, dal primo gennaio 2016, in mano alla Regione Toscana (tornata a occuparsi anche della questione ambientale) l’oasi si è ritrovata prigioniera nella terra di nessuno.
Emblema del perdurante stato di abbandono in cui versa il parco è il centro visite, vero fiore all’occhiello, che si nota dalla via che conduce all’autostrada: una struttura all’avanguardia di quasi 200 mq, tutta in legno, chiusa e abbandonata. Distante qualche metro la postazione di avvistamento, proprio a ridosso del lago, dalla quale si dovrebbero osservare aironi e specie protette. Il condizionale tuttavia è d’obbligo, dato che la torretta è raggiungibile solo per mezzo di un ponticello, transennato, su cui fa bella mostra di sé un divieto d’accesso, che impone l’alt a turisti e amanti della natura. Tutt’intorno al perimetro dell’oasi (una superficie libera di quasi 12mila metri quadri) la manutenzione ordinaria non è uniforme: vi sono punti in cui lo sfalcio sembra regolare e continuo, altri invece dove le piante, rigogliose, crescono selvagge e, oltre a ostruire il passaggio, contribuiscono a propagare eventuali incendi. Nel settembre 2011 infatti, come si nota dai tronchi di diversi alberi anneriti, la parte meno “pregiata†del parco, quella più distante dallo specchio lacustre, ha preso fuoco, per la combustione della torba del lago. Solo l’impiego di due idrovore, caricate con l’acqua del Sibolla, ha permesso di avere ragione delle fiamme.
L’oasi inoltre, è costituita in parte da terreni in comodato gratuito concessi alla Provincia dal residence Sibolla, a conduzione familiare, in via dei Fratoni. La vicinanza con il lago però espone i proprietari ai raid di malintenzionati: «Ho un rimessaggio in cui tengo dell’attrezzatura da lavoro – spiega il titolare – in due anni mi sono già stati portati via due motorini. I malintenzionati scavalcano la staccionata che delimita il confine col parco ed entrano, indisturbati».
Al problema dei furti si aggiunge, per la famiglia di albergatori, quello ben più cavilloso delle visite. «Tempo fa ho regalato alla classe quinta di mio figlio, che frequentava la scuola elementare di Spianate, un percorso all’interno dell’area protetta: è stato necessario far arrivare una guida specializzata, che mi è costata circa 100 euro». Un percorso, quello naturistico del Sibolla, in cima alla lista dei luoghi da visitare dei turisti che soggiornano nel residence immerso nell’oasi: «Gli stranieri,
specie quelli provenienti dal nord Europa, quando vengono a soggiornare qua, nel mio agriturismo, mi chiedono di visitare il lago del Sibolla: è uno dei motivi che giustifica il loro pernottamento, e ogni qualvolta gli rispondo che è chiuso, mi guardano increduli, delusi».
Fonte: Il Tirreno