ALTOPASCIO. La rinuncia alla domanda di concordato preventivo e lo stato d’insolvenza con l’istanza di fallimento avanzata dal pubblico ministero Aldo Ingangi segnano la fine della «Toscana Pane srl» – società fondata dal molino Rossi di Ripafratta e dal molino di San Pietro a Vico del gruppo Maionchi – nata nell’ottobre del 2010 dopo l’omologa del concordato preventivo di «Toscopan» da parte dei giudici del tribunale. Sette anni dopo la costituzione della «Toscana Pane srl», nata proprio per rilevare «Toscopan», e capace di rilevare la vecchia azienda per 2,5 milioni riassumendo la metà dei dipendenti (53 su 110), il tribunale fallimentare sancisce la fine del primo esempio di filiera del pane in Italia. Da quanto si apprende la massa debitoria ammonta a circa 8 milioni accumulata in gran parte stipulando contratti non troppo vantaggiosi con la grande distribuzione. Il giudice delegato Giacomo Lucente ha nominato curatore fallimentare il commercialista Renzo Regoli fissando l’esame dello stato passivo per il 2 ottobre 2018.
Le questioni preliminari. Il curatore si è trovato subito di fronte a un problema. La società fallita in data 1 gennaio 2018 ha stipulato un contratto di affitto d’azienda con la Industria Panificazione Toscana srl (IPT) con sede a San Miniato (durata cinque anni al canone di 12.500 euro mensili). Con la sentenza di fallimento il contratto stipulato dovrà essere valutato attentamente e potrebbe subire un pregiudizio. C’è poi la questione occupazionale a tener banco. In considerazione dei numeri sempre decrescenti e del costo del lavoro la netta sensazione è che chi rileverà la «Toscana Pane» dovrà fare i conti con una riduzione di personale. In una parola, troppi i 53 dipendenti.
Accertamento della Finanza. Il legale della società panificatrice nella memoria difensiva sostiene come la rinuncia al concordato fosse motivata dall’accertamento, non previsto nel piano concordatario, della Guardia di Finanza iniziato il 20 settembre dello scorso anno che gettava un’ombra di rischio alla veridicità del programma presentato al tribunale. Il 12 dicembre scorso i finanzieri, a fine accertamento, hanno rilevato soltanto alcune irregolarità con una sanzione di 835 euro per recupero Iva e 5900 per recupero a tassazione. E il legale sostiene altresì che l’azienda si è attivata per rendere possibile la continuità d’impresa cercando di ridurre i costi aziendali e implementare i rapporti con la grande distribuzione. E soprattutto erano stati consolidati i rapporti assunti con la IPT di San Miniato con la promessa dell’affitto d’azienda. Non solo. La IPT si è resa disponibile a verificare l’acquisizione della «Toscana Pane» anche da terzi o eventualmente da organi di procedure concorsuali. E la società di San Miniato si sarebbe pure impegnata per il passaggio alla IPT dei 53 dipendenti.
Riduzione dei costi. Si traduceva con una riduzione dei canoni di locazione rinegoziati in 27mila euro anziché 57mila.
Scioglimento dei contratti. La «Toscana Pane» aveva contratti in essere con la grande distribuzione: Esselunga, Eurospin Italia, Icewind, Unicoop Tirreno, San Carlo Gruppo Alimentare, Metro, Italbris,
I Sapori, Grissitalia, Conad Il Tirreno. Contratti di somministrazione che prevedevano una clausola risolutiva proprio in caso di fallimento. Ma che prevedono anche che alla «Toscana Pane» subentri di diritto altra società che detenga in affitto o acquisti l’azienda.
Fonte: Il Tirreno