Da Altopascio si leva l’appello, davanti a una folla di oltre trecento persone venute a manifestare per l’aggressione a Simone e la morte di Eduarda
«Di quella sera mi è rimasta dentro la rabbia, ma poi mi guardo intorno, vedo tutte le persone che sono venute e penso che quello che sto facendo è giusto». È emozionato Simone Turini, con l’amica Francesca al centro della manifestazione contro l’omofobia organizzata da LuccAut in piazza Vittorio Emanuele ad Altopascio, alla quale hanno aderitto 66 associazioni. Le persone arrivano alla spicciolata, sembra scarsa la partecipazione all’inizio ma poi velocemente il gruppo cresce: oltre trecento alla fine le presenze per un’iniziativa che mette insieme due fatti gravi accaduti in pochi giorni nella cittadina crocevia tra le province di Lucca, Pisa, Pistoia e Firenze: l’aggressione omofoba in un locale della zona di cui sono rimasti vittime una settimana fa Turini, ballerino diciannovenne di Santa Croce e la giovane amica Francesca, a cui hanno spezzato un braccio perché lo ha difeso, e la morte martedì 17 gennaio di Eduarda Pinhero, la trans residente ad Altopascio che ha dato fuoco al suo appartamento: un gesto disperato per dire no allo sfratto che ha provocato anche la sua morte, per le ustioni riportate.
«Vi chiedo di lottare- aggiunge poi Simone nel momento pubblico della manifestazione, davanti a tante bandiere arcobaleno -, e di denunciare: l’omofobia non è un prezzo da pagare, ma una battaglia da vincere». «Nel 2020 ancora non si è capito che siamo tutti uguali», è Francesca che parla, dopo di lui, alla platea.
«La nostra associazione è nata cinque anni fa, abbiamo deciso di crearla dopo che un nostro amico era stato vittima di più aggressioni omofobe – spiega Romina Incorvaia, portavoce di LuccAut, introducendo il momento pubblico -. La nostra associazione è pro Lgbt (acronimo per lesbiche, gay, bisessuali, transgender, ndr), ne fanno parte persone di più orientamenti sessuali, etero compresi. Insieme lottiamo per una società più giusta. L’aggressione omofoba di cui sono stati vittime Simone e Francesca durante una serata Lgbt ci ha lasciato sconcertati, disarmati: episodi del genere fanno rabbia e paura. E noi siamo nel mirino: è il simbolo che abbiamo adottato e che portiamo al collo. È il momento di reagire all’odio. Siamo orgogliosi e contenti di essere come siamo, andiamo bene così». Romina Incorvaia insiste sulla necessità di una legge contro l’omofobia: «È doveroso che tutte le istituzioni lottino affinché ciò avvenga», ribadisce.. E poi ricorda Eduarda: «Si deve cominciare anche a lottare contro la marginalizzazione sociale. Vorremmo oggi dare dignità e affetto a una persona che probabilmente non ne ha ricevuti in vita».
Le parole di Romina, di Simone e Francesca arrivano forti. Raccoglie il testimone Sara D’Ambrosio, sindaca di Altopascio, la quale sottolinea che episodi come questi «fanno riflettere. Il filo conduttore che li unisce e che deve essere spezzato è la marginalità , nel caso di Eduarda, e il pregiudizio nel caso di Simone. Una battaglia di tutti, non di parte, per il rispetto e per abbattere le disuguaglianze». Giulia Deidda, sindaca di Santa Croce, inizia il suo intervento con un racconto scritto di suo pugno prendendo ispirazione dalla sera in cui Simone Turini è uscito per stare con gli amici e poi è stato aggredito. E poi Rita Rabuzzi, presidente di Agedo (associazione di genitori di ragazze e ragazzi con vari orientamenti sessuali) e vice presidente del comitato Toscana Pride. «Le diversità sono uniche – dice Rita -. I nostri figli dobbiamo difenderli noi, senza avere paura nè ascoltare alcuno. Dobbiamo essere orgogliosi di avere dei figli fantastici». —
Fonte: Il Tirreno