Non è stata Francesca Fambrini a rubare la pistola del suo collega nel 2017 presso il comando di polizia municipale di Lucca: lo ha già determinato il tribunale di primo grado di via Galli Tassi a seguito delle indagini che hanno portato l’ispettore di polizia municipale a processo con l’accusa di furto aggravato, e oggi la Corte d’appello di Firenze lo ha ulteriormente confermato durante il secondo grado di giudizio. Infatti, l’ispettore è nuovamente stato assolto dal palazzo di giustizia con un’assoluzione completa.
Gli eventi risalgono al 2017, quando una pistola automatica appartenente a un collega di Fambrini scomparve dal comando di polizia municipale di Lucca.
Pistola rubata al vigile urbano presso il comando municipale, l’ispettrice accusata di furto è stata assolta – Luccaindiretta
L’arma fu poi ritrovata 5 giorni dopo all’ingresso del comando con un messaggio intimidatorio per l’agente a cui era stata rubata. Le indagini furono condotte dai carabinieri di Lucca e i detective iniziarono immediatamente a sospettare che l’ispettore Fambrini fosse responsabile del furto. Di conseguenza, Fambrini finì a processo, rischiando una pesante condanna e forse anche il suo lavoro, mentre il collega a cui era stata assegnata la pistola Tanfoglio 9×21, oggetto del furto, fu deferito a giudizio per omessa custodia.
L’agente a cui era stata rubata l’arma fu assolto dall’accusa di omessa custodia e Fambrini, dopo l’arringa del procuratore Elena Leone, è stata assolta dall’ accusa di furto dal tribunale di Lucca. La sentenza era stata appellata e oggi la storia si è conclusa definitivamente rassicurando l’ispettore che ora, dopo due assoluzioni, può definitivamente dichiararsi estranea ai fatti.
Il tribunale d’appello ha scelto di celebrare un nuovo processo, non limitandosi a esaminare le prove emerse dal primo dibattimento, ma sentendo anche una decina di testimoni. Il procuratore generale chiese di nuovo una condanna, ma i giudici ritennero insufficienti le prove accusatorie, assolvendo da ogni accusa l’ispettore di piazzale San Donato, difeso dall’avvocato Andrea Da Prato, sia per l’accusa di aver rubato l’arma al collega, sia di averla fatta riapparire e di essere l’autore del messaggio intimidatorio ritrovato con la pistola. In merito a quest’ultimo reato, è stata anche effettuata un’analisi calligrafica che ha però confermato la non appartenenza di Fambrini a quel biglietto.
2024-05-24 20:56:00