È iniziata ieri sera (2 giugno) con l’esibizione di Eric Clapton presso le Mura Storiche della città, l’edizione 2024 del Lucca Summer Festival: tra giugno e luglio il festival offrirà un programma ricco e vario tra le Mura e Piazza Napoleone, che va da Rod Stewart a Gazzelle, dai Duran Duran a Geolier, dagli Smashing Pumpkins a Salmo.
Eric Clapton ha concluso il suo breve ma vittorioso tour europeo nella città toscana, iniziato a Newcastle il 9 maggio 2024 e proseguito con altri otto concerti in Inghilterra e Irlanda (compresi quattro spettacoli alla Royal Albert Hall di Londra), prima di trasferirsi in Francia per tre concerti a Parigi, Décines-Charpieu e Nîmes. Lo spettacolo alle Mura Storiche sarà l’unico concerto italiano di Clapton del tour e l’ultimo concerto in Europa per il 2024: l’artista riprenderà i concerti tra settembre e ottobre con otto spettacoli tra Argentina, Brasile, Messico e USA.
La band e le polemiche sulla chitarra
La band di Clapton per questo tour 2024 è la stessa che lo segue dal 2022 e comprende Nathan East (basso e voce), Doyle Bramhall II (chitarra e voce), Sonny Emory (batteria), Chris Stainton (tastiere), Tim Carmon (tastiere e Hammond), Katie Kissoon e Sharon White (coriste).
Clapton, assente dalla città toscana dal 2006, sale sul palco in sordina, con qualche minuto di anticipo. Vestito di felpa, con un ampio impermeabile e un cappello tipico – necessari per contrastare le temperature abbassate notevolmente a causa della pioggia del pomeriggio – il chitarrista si posiziona al centro del palco, prende la sua Fender nera e senza fronzoli inizia il suo show.
Nel silenzio totale, Eric fa dolcemente scorrere le dita sulle corde e inizia il primo pezzo, lo struggente strumentale “Blue Dust”. Il brano è stato presentato con questo nome alla prima data del tour 2024 ed è una canzone originariamente conosciuta come “Blue Rainbow“, suonata e dedicata da Clapton a Jeff Beck nel tributo al chitarrista scomparso avvenuto a Londra il 23 maggio 2023. Clapton l’ha trasformata nel titolo, dedicandola al dolore che sta tormentando in questi mesi la popolazione di Gaza. Una presa di posizione pubblica audace, quella di Clapton, che lo avvicina alle battaglie che da diversi anni il suo caro amico Roger Waters sta combattendo e che non mancano di suscitare polemiche. Da alcuni mesi Clapton ha deciso di esibirsi con una chitarra i cui colori (nero, bianco, verde e rosso) richiamano chiaramente quelli della bandiera palestinese. Questa chitarra è stata utilizzata per la prima volta dal chitarrista nel concerto a favore di Medical Aid for Palestine avvenuto al Windmill di Brixton, Londra l’8 dicembre 2023. Una scelta che molti hanno apprezzato ma che ha suscitato anche forti critiche in giro per il mondo, sia da parte della stampa che di alcuni fan.
Al di là delle polemiche, oggi è quasi impossibile non pensare al passato di Clapton e alle molte vite che ha vissuto. È caduto più volte, risorgendo lì dove altri avrebbero mollato, trovando conforto e salvezza nelle sei corde della sua chitarra. Con la musica che esce magicamente dalle sue dita, tutto sembra più semplice, ogni rinascita è dolorosa ma possibile. Dal punto di vista chitarristico sembra impossibile competere con la sua abilità. Era già famoso a metà degli anni Sessanta, dai tempi degli Yardbirds, quando fu coniata la frase “Clapton is God”. Nessuno si è sorpreso ieri sera a Lucca quando le telecamere, necessarie per le proiezioni sugli schermi, hanno inquadrato quella frase su un cartello portato con entusiasmo da un giovane fan.
Lo show
Oggi Clapton porta con non poca fatica ma con un’ammirevole carica di energia la sua musica in giro per il mondo ed è un piacere vederlo lì, con la testa bassa sulle sue corde, a tirare fuori l’anima dalla sua chitarra. Sempre gentile con il pubblico, ringraziato più volte durante il concerto, Eric è un vero gentleman della musica, una vera rarità tra le star del suo calibro.
Torniamo alla musica. A movimentare la scaletta del concerto arriva “Key To The Highway,” cover di un brano inciso nel 1940 dal pianista blues Charles Segar. Si tratta di uno standard blues, inserito nei concerti di Eric Clapton sin dal 1973 (l’ha eseguita per la prima volta al Rainbow Theatre di Londra il 13 gennaio 1973, suonandola da allora infinite volte). Il pubblico si scalda le mani e si rallegra per l’altro classico offerto da Slowhand, la celebre “Im Your Hoochie Coochie Man”, firmata da Willie Dixon e resa famosa per la cover incisa da Muddy Waters nel 1954. Il pubblico si sobbalza sulle sedie ancora bagnate dalla pioggia quando la band intona “Badge”, classico del repertorio dei Cream (era nel loro album “Goodbye” del 1969). Fu scritta nel 1968 da Clapton insieme a George Harrison, con la famosa curiosità legata al titolo, che pare sia stata un’errata interpretazione di Eric della parola “Bridge” scritta da George sul foglio con il testo.
La quinta canzone è l’inedita “Prayer of a Child”, che ha debuttato nell’attuale tour e sarà contenuta in “To Save A Child”, il nuovo album di Eric Clapton che uscirà su supporto fisico il 12 luglio(è già disponibile nelle piattaforme digitali), che raccoglie i brani registrati al concerto di Londra dell’8 dicembre 2023.
Si prosegue con “Back Home”, che proviene dall’album omonimo di Clapton del 2005 e apre la sezione acustica dello spettacolo. Clapton e Doyle Bramhall si siedono al centro del palco, affiancati dal contrabbasso di Nathan East e dal resto della band che attenuano i loro suoni a un livello di dolcezza infinita. Quindi “Nobody Knows You When You’re Down and Out”, uno standard blues scritto dal pianista americano Jimmy Cox e pubblicato nel 1929 nella versione di Bessie Smith. È un altro dei brani immancabili nei concerti di Clapton, mentre la successiva “Golden Ring”, tratta dal sesto disco solista “Backless” del 1978, è stata suonata raramente dall’artista. Anche in questa sezione si distinguono le due coriste dello spettacolo. Katie Kissoon, elegante e vestita di rosso, ha partecipato al primo album solista di Roger Waters del fondatore dei Pink Floyd del 1984, “The Pros and Cons Of Hitch Hiking”, disco e concerti che ospitavano anche Eric Clapton. Da allora la Kissoon ha partecipato a diversi dischi e tour di Clapton. Al fianco della Kissoon c’è Sharon White, nata nel 1972, che ha nel curriculum collaborazioni con Bryan Ferry, Annie Lennox e Joss Stone e si esibisce con Clapton dal 2004.
Conclude la sezione acustica del concerto “Tears in Heaven”, in ricordo di Conor, figlio di Eric e di Lory Del Santo che è morto tragicamente nel 1991, e che ogni volta viene rinnovato con un tumulto di emozioni nel cuore del chitarrista ad ogni esibizione. Ieri sera Clapton, sussurrando al microfono nel mezzo della canzone, ha dedicato la canzone a Lory Del Santo.
Si riprende con la sezione elettrica dello show con la potente “Got to Get Better in a Little While”, un ritorno al passato di Clapton che guarda alla sua esperienza con i Derek and the Dominoes. Clapton l’aveva suonata con la band dal vivo nel 1970 ma l’ha eseguita per la prima volta da solista nel 2004 a Barcellona. In primo piano il bravissimo Sonny Emory – classe 1962, ex batterista degli Earth, Wind & Fire e di artisti come Steely Dan e Bruce Hornsby – che in pieno stile anni Settanta si lancia in uno stupefacente solo di batteria.
I suoni si placano e si passa a “Old Love”, ballata scritta da Clapton insieme a Robert Cray e contenuta originariamente nell’album di Clapton del 1989 “Journeyman”, doppio disco di platino. Arriva così “Cross Road Blues”, scritta da Robert Johnson nel 1937 che esala un suono di blues classico del Delta, molto amato da Clapton. “Little Queen of Spades”, altro classico blues di Robert Johnson (era il lato B del disco di dieci pollici intitolato “Me and the Devil Blues” registrato da Johnson nel 1937 e pubblicato nell’anno della sua morte, il 1938), offre alla band una serie di ‘assoli’ dedicati. Il primo è quello dell’affidabile Chris Stainton (è con Clapton dal 1979), che dà il via a un lungo fraseggio al pianoforte. Segue quello dell’incredibile Tim Carmon, un vero fenomeno all’Hammond, che non può essere diversamente, dato che è il figlio di un predicatore di Washington e ha un passato come organista in chiesa (impressionante l’elenco delle sue collaborazioni, tra cui quella con Paul McCartney, Stevie Wonder, Bob Dylan, Carlos Santana, BB King e altri). Infine, spazio al mancino Doyle Bramhall II, vero e proprio allievo prediletto di Clapton (nato a Dallas nel 1968, suo padre era un batterista per Lightin’ Hopkins). Bramhall è un volto noto ai fan dei Floyd. Roger Waters lo volle per il suo tour del 1999 e del 2000, concerti immortalati nell’album e nel dvd “In The Flesh”.
C’è spazio per il bassista Nathan East, originario di Philadelphia, vero e proprio virtuoso del basso (lo trovi nei crediti di centinaia di lavori di altri artisti), al seguito di Clapton dagli anni Ottanta, che offre un breve brano intitolato “Close to Home”, inserito in scaletta solo da una manciata di date. È una canzone strumentale (concludendo il primo disco solista del 1986 di Lyle Mays, tastierista del Pat Metheny Group), che funge da introduzione alla ben più nota “Cocaine”, che non può mancare nelle scalette di Clapton. Scritta da J.J. Cale nel 1976, sarà Clapton a incidere Cocaine nel suo album “Slowhand” del 1977, portandola al successo mondiale.
I bis
Il secondo bis del concerto prevede un cambiamento dell’ultimo minuto nella scaletta. “Before You Accuse Me” (stata registrata per la prima volta da Bo Diddley nel 1957, il stesso Clapton l’ha registrata diverse volte) prende il posto del previsto e lungo “Sunshine For Your Love”. Un po’ di delusione, ma è impossibile chiedere di più a questa leggenda vivente. In avvicinamento all’ottantesimo compleanno, ieri sera Clapton ha sfidato il maltempo e gli acciacchi, offrendo ai ventimila fan arrivati a Lucca non solo dall’Italia un concerto da inserire nella categoria degli “indimenticabili”.