“Lucca Historiae Fest, un’occasione mancata. Raccontare la storia di Lucca attraverso la glorificazione della guerra è un errore storico, che non fa giustizia alla peculiarità dello Stato di Lucca. Peccato per i più di 100mila euro spesi senza un ragionamento logico”. A dirlo è la segreteria comunale del Partito Democratico di Lucca.
“In un’epoca storica segnata da guerre, la storia di Lucca e l’eredità di cui oggi siamo fortunati testimoni potrebbero rappresentare un esempio positivo di come la diplomazia, l’abilità nelle relazioni internazionali, il commercio, l’apertura verso il mondo, il dialogo e l’economia abbiano garantito la pace, l’armonia e la stabilità alla nostra città, mantenendo quasi intatta la sua anima più profonda – sottolinea il PD di Lucca -. Guardando però al programma del Lucca Historiae Fest, l’evento promosso dal Comune e gestito dal consigliere comunale di Casapound, che drena oltre 100mila euro di fondi comunali per sostenere coloro che ci lavorano e per dare contributi alle associazioni di rievocazione, molte delle quali senza alcuna connessione con il nostro territorio e la nostra storia, ci si chiede se tutto questo patrimonio storico e culturale sia dimenticato o minimizzato in favore di una
“Ecco perché – continua la segreteria comunale del PD – abbiamo deciso di ripercorrere alcuni momenti chiave della storia di Lucca, che purtroppo non troveranno spazio nell’evento in corso. La storia esemplare di Lucca è infatti quella di una città che ha sviluppato un’abile capacità di adattarsi al panorama politico europeo, permettendole di rimanere indipendente nei secoli: per fare ciò, piuttosto che armarsi e assediare città vicine, a partire dal ‘400 e per tutto l’Età moderna, Lucca ha costruito una minuziosa rete diplomatica internazionale che le ha garantito pace all’interno dello Stato e prosperità anche nei rapporti con gli altri stati europei. ‘Quiete e nascondimento’, per usare le parole dell’epoca, o come ricordava il nobile lucchese Antonio Mazzarosa: ‘come dimenticata dal mondo, affinché la sua tranquillità non venisse invidiata e quindi disturbata’. Questa è l’essenza di Lucca che dovrebbe essere messa in evidenza da un festival che si autodefinisce storico, ma che nei fatti è un compendio semplificato e di cupa fascinazione militarista che trae solo la spettacolarizzazione della guerra dalle vicende storiche”.
“Può sembrare un paradosso – continua la nota -, ma la politica adottata dallo Stato lucchese (cioè l’arte di farsi dimenticare assumendo posizioni continue di neutralità per evitare coinvolgimenti diretti in vari conflitti bellici) è ciò che rende affascinante lo studio e l’analisi della nostra piccola grande città. È vero che ci sono stati straordinari capitani d’armi come Castruccio Castracani, che in un glorioso momento di espansione trecentesca portò i confini di Lucca fino alle porte di Firenze, o come il nobile Stefano Orsetti e il suo ruolo da protagonista nella vittoria sui turchi nella Battaglia di Petervadarino sul Danubio nel 1716. Ma le cronache lucchesi e la memoria popolare riportano malvolentieri le vittorie militari e le imprese belliche, come dimostra l’assenza di monumenti celebrativi nelle nostre piazze. La storia di Lucca è più ampia e complessa e si basa quasi esclusivamente sulla capacità di intrecciare rapporti commerciali e culturali ovunque: lo stesso Castruccio faceva parte di una delle grandi organizzazioni bancarie e mercantili che da Lucca estesero i loro affari in tutta l’Europa occidentale. La città, seppur chiusa entro le sue mura e in costante apprensione per la minaccia rappresentata da Firenze, era aperta agli scambi, tanto da diventare un crocevia di artisti e di arte: dal Medioevo con i maestri comacini fino a quelli dell’avanguardia rinascimentale fiorentina”.
“Ma il capolavoro diplomatico avvenne a seguito della morte di Castruccio nel 1328 – prosegue la nota del PD -, a cui seguirono 40 anni di scorribande di mercenari e occupazione straniera. Nel 1369, l’abilità diplomatica lucchese e il pagamento di grosse somme di denaro permisero alla città di riconquistare la propria libertà, ottenendo un diploma di indipendenza dall’Imperatore Carlo IV di Boemia: un’indipendenza, cioè, ottenuta con la diplomazia e non con le armi. Simbolo dell’oppressione straniera pisana divenne la fortezza dell’Augusta, che si trovava nella vasta area compresa tra Cortile degli Svizzeri e piazza Napoleone. L’Augusta era talmente detestata, che il primo atto popolare dei lucchesi, una volta riconquistata la libertà, fu quello di raderla completamente al suolo”.
“Non a caso Lucca conquistò la strana (per l’epoca) definizione di ‘piccolo e pacifico Stato di Lucca’. Pacifica fu anche la gestione della questione del protestantesimo, che per decenni ebbe libero corso nei confini dello Stato lucchese (protestanti, ad esempio, erano importanti famiglie della città). Con l’inizio del Concilio di Trento nel 1545, a causa delle delicati relazioni diplomatiche con il papato, la città dovette affrontare la questione religiosa: Lucca rifiutò l’arrivo dell’Ufficio dell’Inquisizione, che avrebbe portato tortura e condanne sanguinose, e optò invece per una soluzione più moderata che scongiurò guerre civili interne e destabilizzazione politica. Ma che l’anima della città sia un concentrato di pace e armonia lo dimostra la stessa trasformazione delle Mura, il simbolo di Lucca, voluta da Elisa Bonaparte all’inizio dell’800: non più luogo di fortificazione o difesa, ma parco urbano di socializzazione, incontro, passeggiate e bellezza da oltre due secoli”.
“Un esempio positivo che oggi – conclude il PD -, in un tempo segnato dalle guerre, avrebbe potuto mettere in luce il progetto politico, diplomatico e culturale che ha contraddistinto la storia di Lucca nella sua natura di Stato non battagliero, collegandosi anche alla contemporaneità, piuttosto che puntare tutto sulla spettacolarizzazione di caroselli militari, assedi alle città, giochi di spade e di cannoni portata avanti da Lucca Historiae Fest”.
2024-06-22 10:28:00