Charles, iniziamo parlando di Broken Sword, una discussione inevitabile: da dove nasce l’idea della saga e qual era il budget iniziale?
Era un enorme passo in avanti, ma siamo stati molto fortunati: Virgin ci ha dato carta bianca e ha finanziato interamente lo sviluppo. Ogni mese arrivavano i soldi, e noi non dovevamo preoccuparci troppo. Purtroppo, la situazione è cambiata quando Virgin è stata acquisita da Viacom, ma per un certo periodo ci siamo trovati in una situazione ottima: avevamo fiducia e finanziamenti. Adesso invece autopubblichiamo i nostri giochi, autofinanziamoci tramite Kickstarter. Tutti dicevano che non funziona per i videogiochi, che non avremmo dovuto fare, che sarebbe stato un disastro. Ed è uno dei motivi per cui abbiamo fissato l’obiettivo così basso: in un certo senso non credevo a quello che dicevano, ma ero preoccupato che potessero avere ragione. Quindi, abbiamo puntato a 50.000 sterline o giù di lì e abbiamo raccolto 650.000 sterline! Abbiamo guadagnato di più con Broken Sword Reforged che con Broken Sword 5. Penso che dipenda molto da chi sei, da chi sta chiedendo i finanziamenti. Grazie alla nostra community, siamo andati oltre le aspettative, soprattutto considerando che gli editori non vogliono più investire nel genere avventura, mentre con l’autofinanziamento siamo riusciti ad essere molto più ambiziosi di quanto qualsiasi editore avrebbe mai permesso.
E l’idea per la saga?
Ah, scusa, era quella la tua domanda iniziale (ride). L’idea della saga è nata durante una cena con Sean Brennan, il vicepresidente di Virgin. Si parlava dei Cavalieri Templari e del libro Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco. Sean mi ha presentato questa storia complessa e piena di contraddizioni che mi ha incuriosito, perché non sapevo quasi nulla sui Templari, ma ero desideroso di saperne di più.
L’unico riferimento erano dei libri, ce n’erano diversi in francese, fantastici, ma pochi ne erano a conoscenza. Man mano che ho iniziato a conoscere meglio la storia, ho capito che quello che mi affascinava erano le contraddizioni. I Templari erano guerrieri, i migliori, erano combattenti d’élite, ma erano anche monaci e in molti modi incarnavano le contraddizioni dell’umanità. Divennero molto ricchi e questo li corruppe a un certo punto, e furono infine distrutti da persone ancora più corrotte: il Papa e il Re di Francia. Il Re di Francia voleva le loro ricchezze, e il Papa aveva i suoi motivi, qualunque fossero. La storia racconta che il venerdì 13 ottobre 1307, i delegati del Re arrivarono per arrestarli e scoprirono che tutti i tesori erano già spariti. E la flotta, una gigantesca flotta, la più grande d’Europa, che era ancorata a La Rochelle, era già salpata. Nessuno ha mai trovato né il tesoro né la flotta. Così fu creata una grande cospirazione basata su fatti storici. L’unico riferimento all’epoca era un libro intitolato Il Santo Graal e la Linea di Sangue, scritto da tre autori inglesi. Un romanzo pseudo-storico: affermavano di aver scoperto alcuni documenti segreti nella Biblioteca Nazionale e furono così ingenui da crederli autentici, quando in realtà erano falsi. Naturalmente erano pure sciocchezze, ma da lì è emersa l’idea del Priorato di Sion, che ovviamente includeva Leonardo da Vinci e Isaac Newton come Grandi Maestri. Per quanto storicamente assurdo, l’inizio è stato interessante sia per noi che per Dan Brown: molti fan ritengono che per il Codice Da Vinci abbia preso ispirazione da Broken Sword, a causa delle somiglianze. Non lo dico io, ma alcuni lo pensano (ride).
Possiamo tranquillamente affermare che tu sei uno dei primi sviluppatori di videogiochi moderni e sicuramente che sei nell’industria da molto tempo: quale pensi sia stata l’evoluzione più significativa nel settore?
Sicuramente la tecnologia è ciò che guida il cambiamento. Il motivo per cui Broken Sword era così diverso da Beneath a Steel Sky è che quest’ultimo era distribuito su 16 floppy disk, ognuno con una capacità di 1,4 megabyte, quindi circa 20 MB in totale. Un CD musicale, invece, aveva 600 MB. Improvvisamente, con i CD, c’è stato un salto enorme. Tuttavia, credo che la tua domanda sia diretta a ciò che sta succedendo oggi e a come l’industria è cambiata profondamente, al di là degli aggiornamenti tecnologici. Adoro i videogiochi, ho scritto il mio primo videogioco nel 1981 per un computer con 1 kB di memoria. Il mio iPhone oggi ha 256 milioni di volte quella capacità di memoria, ma quel computer era incredibile perché per la prima volta il potere del calcolo era nelle mani della gente comune. È incredibile pensare che il suo processore e la sua memoria fossero gli stessi dei computer che hanno portato l’Apollo 11 sulla Luna solo dieci anni prima. Abbiamo iniziato a programmare in BASIC, un linguaggio molto semplice. Poi abbiamo scoperto che era possibile programmare direttamente il chip Z80 utilizzando il linguaggio assembly. Era incredibile e stimolante e ha dato vita a una generazione straordinaria.
All’epoca vendevamo i giochi direttamente e se vendevano bene, avevamo successo, se non vendevano, fallivamo. Era tutto molto semplice. Con il passaggio al digitale, però, abbiamo potuto autopubblicare i nostri giochi, cosa che prima era impossibile. In passato ricevevamo meno del 10% dei profitti dai giochi venduti tramite gli editori e questi profitti venivano compensati dai costi di sviluppo, rendendo quasi impossibile recuperare le spese. Ad esempio, con Broken Sword 3, l’editore THQ ha guadagnato almeno 5 milioni di dollari, mentre noi abbiamo perso 200.000 sterline. Abbiamo dovuto prendere a prestito i soldi e ci sono voluti anni per ripagarli. Non era un buon modello di business, ma era così che funzionava perché gli editori e i rivenditori erano i custodi del sistema. Nel 2007, Apple ci chiamò dicendo di aver appena rilasciato un nuovo dispositivo, l’iPhone, e che pensavano che i nostri giochi sarebbero stati perfetti per la loro piattaforma. È stato un grande cambiamento. Passare dalla distribuzione fisica, che era svantaggiosa per noi, alla distribuzione digitale ci ha portato da una royalty del 10% a una del 70%. Trovo ironico che molti sviluppatori oggi, come Epic, si lamentino del fatto che Apple prenda il 30%, mentre per noi che eravamo abituati al 10%, il 70% è fantastico. Ritengo giusto che piattaforme come Apple, Steam, Google, PlayStation, Xbox o Switch prendano quella percentuale, perché offrono un mercato, gestiscono le entrate, gli accordi fiscali e l’hosting. Quello che mi preoccupa è che molti giovani sviluppatori vogliono distruggere questo sistema senza sapere cosa lo sostituirà.
E cosa pensi del passaggio al free-to-play o agli acquisti in-app?
Noi non ci siamo mai coinvolti in quel modello. Per me è troppo commerciale. E poi ci sono i token non fungibili (NFT) e le Blockchain. Non li capisco e non li considero nulla di speciale, mentre per quanto riguarda il multiplayer online, che è fantastico, semplicemente non è il mio campo. Sono vecchio stile.
Sei d’accordo se dico che ultimamente le grandi aziende non si fidino più degli sviluppatori e non lascino più la libertà di creare?
Pensano più al profitto che ad altro, sì. Quando abbiamo iniziato nel 1990, lavorare con Virgin era fantastico. Io lavoravo per Activision, avevo scritto giochi d’avventura e la prima era d’oro per gli sviluppatori britannici è finita int
2024-11-17 18:00:00