LUCCA – La cultura fa bene. Rende le società più coese, ne aumenta la fiducia e le rende più aperte alle differenze e alle novità . Dire se si tratti di un rapporto di causa-effetto è difficile, ma i due fenomeni si realizzano contestualmente, è evidente. Le analisi lo confermano. E per questo è importante investire sull’accessibilità alla cultura, per questo va accresciuta l’offerta ma soprattutto la fruizione, tema al centro dell’azione della giunta regionale toscana da due anni a questa parte.
Di cultura e democrazia e di cultura e partecipazione – di cultura e economia anche, ma gli 89 miliardi di euro con cui pesa sul Pil nazionale non può essere l’unica chiave di lettura – si è parlato oggi al LuBeC, l’evento al Real Collegio che da tredici anni a Lucca, ogni ottobre, prova a misurare il polso al sistema culturale italiano, raccontandone evoluzioni e metamorfosi.
A voler indagare il rapporto tra cultura e democrazia è stata proprio la Regione e Monica Barni, vice presidente della Toscana ed assessore alla cultura, la racconta così: “La democrazia vive se c’è un buon livello di cultura diffusa: altrimenti sono forme vuote”. E’ una citazione di De Mauro, di cui si confessa fortunata allieva. Cita anche la Costituzione e la Convenzione di Faro recentemente ratificata dal Parlamento italiano, importante perché “sposta l’attenzione dal valore in sé dei beni al valore che debbono conseguirne le persone” e sprona pubblico e privato a impegnarsi insieme. Cultura e democrazia, appunto.
“La cultura – sottolinea Barni – deve costituirsi come fatto quotidiano e non eccezionale. Da questo punto di visto la parola ‘consumo’ non rende merito al valore della cultura”. “Ed allora – conclude – sicuramente è necessario assicurare un impegno al 30 per cento dei toscani (tra i 14 e 80 anni ndr) che frequenta le biblioteche, ma è altrettanto importante e forse più urgente interrogarsi sul non-pubblico. E lo stesso si potrebbe dire per i musei, gli istituti di cultura e i luoghi di spettacoli dal vivo”. Avvicinare nuovi cittadini alla cultura è per Barni l’impegno in cui vanno profuse in questo momento le maggiore energie. Come? Utilizzando nuovi e più linguaggi, esplorando nuove dimensioni e geometrie, cercando integrazioni e ‘contaminazioni’ con i territori per generare nuovo interesse. “A partire dalla scuola – sottolinea Barni – che deve recuperare la capacità di far amare e godere dei musei e del patrimonio culturale che ci circonda”.
Va fatto per la cultura, ma anche per la democrazia. Parole che riecheggiano anche nell’intervento, sempre al LuBec oggi, dello storico dell’arte Pietro Petraroia, che sottolinea l’importanza della relazioni dei musei con i territori e con i cittadini. Cittadini e non semplici clienti.
Fonte: Regione Toscana