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[REGIONE LIGURIA] Seduta solenne dedicata al Giorno del Ricordo

n.25

Giorno del Ricordo

Bruzzone: «Una ferita ancora aperta per gli esuli»

Bellaspiga: «Il passato si supera solo facendo i conti con esso e da esso imparando»

Questa mattina si è svolta la prima Seduta solenne del Consiglio regionale dedicata al ricordo della persecuzione contro gli italiani, avvenuta nell’immediato dopoguerra in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia

In aula la giornalista Lucia Bellaspiga, figlia di esuli istriani, ha ricostruito il dramma di migliaia di famiglie che persero gli affetti più cari e, per scampare alla morte nelle foibe, furono costrette ad una precipitosa fuga dalle terre in cui erano nate e cresciute

Al termine della cerimonia si è svolta la premiazione degli studenti vincitori del concorso dedicato a questa pagina della storia

Questa mattina nel Complesso monumentale di Sant’Ignazio dell’Archivio di Stato, in via Santa Chiara 28, a Genova, si è svolta la Seduta solenne del Consiglio regionale, la prima dedicata al Giorno del Ricordo, in memoria delle famiglie italiane della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, costrette ad un drammatico esodo  per sfuggire alla sanguinosa persecuzione, che si scatenò in quelle terre nell’immediato secondo dopoguerra.

Il presidente del Consiglio regionale Francesco Bruzzone ha aperto la seduta rivolgendo un saluto all’Assemblea, Lucia Bellaspiga, giornalista milanese, figlia di istriani, autrice di una serie di studi dedicati al dramma delle foibe, ha svolto la relazione ufficiale.

Hanno assistito alla cerimonia il presidente della Giunta Giovanni Toti, il vicepresidente del Consiglio regionale Sergio Rossetti, il consigliere segretario Claudio Muzio, i consiglieri, gli assessori e le massime autorità civili, militari e religiose.
Il presidente Bruzzone, prima dell’indirizzo di saluto, ha chiesto ai presenti di osservare un minuto di silenzio in omaggio alle «vittime delle foibe e della tragedia degli Italiani della Venezia Giulia dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia».

 

Saluto del presidente Francesco Bruzzone

«Questa  Seduta solenne – ha spiegato il presidente Bruzzone  –  è stata voluta  dal Consiglio regionale con uno specifico  intervento normativo per rimarcare la solennità del momento e onorare con tutti i crismi dell’ufficialità le vittime di una tragedia italiana cui per lunghi anni è mancato il giusto riconoscimento, una tragedia nazionale relegata nell’oblio, marginalizzata dalla storiografia e  rimossa dalle coscienze». Bruzzone ha ricordato che già nel 2004, attraverso l’approvazione di un’apposita legge regionale, l’Assemblea aveva integrato la normativa nazionale «e decise di rivolgere la propria attenzione ai giovani attraverso l’Istituzione di un concorso regionale sul tema, oggi giunto alla sua sedicesima edizione». Il presidente ha quindi illustrato il contesto in cui maturò la persecuzione degli italiani: «La questione del confine orientale è stata una verità storica a lungo sacrificata a pretesi interessi diplomatici e presunte convenienze internazionali, una dolorosa pagina di storia patria, sottaciuta da una classe politica ostaggio della contrapposizione ideologica internazionale, che trova in questo giorno, a distanza di molti anni, il suo riconoscimento». Secondo Bruzzone, dunque, questa manifestazione «è un atto dovuto per le vittime, ma anche nei confronti di decine di migliaia di nostri connazionali costretti ad un doloroso esilio perché fu l’intera popolazione italiana, di fatto, ad essere consegnata alla diaspora, unica alternativa alle radicali operazioni di pulizia etnica dei territori che erano, e non sarebbero mai più stati, la Venezia Giulia». Il presidente ha spiegato che «il moto di odio sanguinario, che assunse i sinistri contorni della pulizia etnica», fu determinato da fattori diversi: «La coda avvelenata del conflitto,  un giustizialismo sommario, un rigurgito nazionalista, l’ansia di vendetta e la volontà di sradicamento della presenza italiana». Rivolgendosi agli esuli presenti in sala Bruzzone ha concluso: «Fu un dramma di cui la nostra regione è testimone diretto perché molti cercarono qui un rifugio, un porto sicuro dove costruire  un possibile futuro. Oggi insieme a voi – ha concluso – ci sono i vostri figli, i  nipoti, con il cuore gonfio di nostalgia per una terra lontana che è sentita ancora come propria, a testimoniare  tutta la sofferenza di  una ferita sempre  aperta».

Bellaspiga: il dramma di migliaia di esuli

Lucia Bellaspiga nella prima parte del suo appassionato intervento ha raccontato le tragiche storie di famiglie decimate dalle truppe partigiane di Tito, l’esodo, la fuga precipitosa dalla loro terra e la sopravvivenza in Italia, a volte  per anni, in campi di raccolta dove le condizioni di vita erano terribili. Storie raccolte grazie alle testimonianze di alcuni «dei 350 mila italiani sfuggiti agli eccidi». A queste testimonianze la giornalista ha unito i ricordi e i sentimenti legati alla sua vicenda personale, in quanto figlia di esuli da Pola, città che ha potuto vedere per la prima volta solo all’età di sette anni. «Sono passati molti anni prima che io potessi davvero capire l’entità del dramma – ha aggiunto  -  e la scuola non ci ha certo aiutati, censurando completamente questa tragedia collettiva. D’altra parte molti testimoni diretti rinunciavano a raccontare, rassegnati a non essere creduti. Ciò che era accaduto in decine di migliaia di famiglie restava, così, un incubo privato solo per noi perché al resto degli italiani non interessava. Eppure era storia nazionale!». Secondo la relatrice sono due gli equivoci che hanno provocato questa deriva negazionista: «Gli esuli furono chiamati fascisti solo perché fuggivano da un regime comunista, ma i nostri nonni e genitori erano stati antifascisti e fascisti esattamente come tutti gli altri italiani. Nelle foibe – ha spiegato – furono gettati maestri di scuola, impiegati, carabinieri, medici, artigiani, operai e imprenditori, tutti, purchè italiani o avversi alla nuova dittatura. E quanti fra questi erano stati antifascisti!». Il secondo equivoco è legato all’indennizzo per debiti di guerra pagato dal Governo italiano «utilizzando le case e i risparmi di una vita soltanto dei giuliano-dalmati»:  questo debito, mai onorato, spiega in parte «i decenni di silenzio che poi hanno insabbiato la tragedia». Secondo Bellaspiga: «Oggi in un’Europa che guarda al futuro e ha già fatto ovunque i conti con il proprio  passato è doveroso che questa parte della storia sia da tutti condivisa, senza se e senza ma». «Negazionismo e giustificazionismo calpestano la nostra civiltà di uomini del Duemila e il nostro desiderio di pace e giustizia. Rimuovere – ha concluso – non aiuta a superare, la storia infatti dimostra che il passato si supera solo facendo i conti con esso e da esso imparando».

Premiazione dei vincitori del concorso

Nella seconda parte della seduta si è svolta la premiazione degli studenti vincitori della sedicesima edizione del concorso del Consiglio regionale “Il sacrificio  degli italiani della Venezia Giulia e Dalmazia: mantenere la memoria, rispettare la verità, impegnarsi per garantire i diritti dei popoli”, indirizzato agli studenti  degli istituti superiori della Liguria che rientra nelle iniziative promosse dalla legge regionale 24 dicembre 2004 numero 29 “Attività della Regione Liguria per l’affermazione dei valori della Memoria del Martirio e dell’Esodo dei Giuliano Dalmati”. 

I vincitori la prossima primavera parteciperanno ad un viaggio nei territori della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia dove si consumò la persecuzione della popolazione italiana autoctona.

Fonte: Regione Liguria