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Capannori A Tassignano il primo impianto termale di Capannori?

Capannori –

La conferenza stampa di presentazione dei risultati dello scavo

Un piccolo Balneum che costituirebbe la prima attestazione in assoluto di un impianto termale sul territorio di Capannori. Questa l’ipotesi avanzata  circa il ritrovamento nel sito archeologico presso l’aeroporto di Tassignano, noto come “DOMVS AEMILIA“,  secondo la titolatura decisa dai giovanissimi  archeologi  di  Officina Fabvlae che prendono parte  allo scavo didattico, la cui campagna si è appena conclusa.

Iniziato nel  2014 grazie alla collaborazione tra  l’istituto Comprensivo di Capannori “Carlo Piaggia” e il Gruppo Archeologico Capannorese – caso isolato nel panorama archeologico italiano – il progetto viene condotto in regime di “concessione ministeriale di scavi e ricerche archeologici” dal Museo Archeologico-Etnografico Athena, sotto la direzione scientifica di Alessandro Giannoni, con il quale collaborano nella conduzione dello scavo Elena Genovesi, Massimiliano Piantini e Fabrizio Burchianti e  con la collaborazione e la supervisione della Sovrintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologci di Lucca e Massa Carrara nella persona di Giulio Ciampoltrini.

Quattro anni nei quali la valenza didattica ha effettivamente rappresentato il punto di forza  del progetto che, nella stagione 2017, ha visto  la  partecipazione delle due classi quinte della scuola primaria “Don Bosco – Don Bigongiari” di Lunata, e, successivamente, ha portato a  intervenire sullo scavo i giovani aspiranti archeologi dagli 8 ai 14 anni del corso estivo organizzato dal GAC presso il museo Athena, per un numero complessivo di oltre 50 ragazzi.

L’intervento dei ragazzi, che così hanno potuto seguire da vicino e partecipare ai diversi momenti che caratterizzano la ricerca archeologica, ha senz’altro vivacizzato il lavoro degli specialisti, che hanno ripreso le indagini con l’obiettivo di trovare risposta a almeno alcuni dei molti  interrogativi aperti dalle campagne precedenti sulla storia dell’insediamento.

I risultati della campagna di scavo sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa svoltasi stamani (lunedì) “in loco” alla quale sono intervenuti Silvia Amadei,  vicesindaca con delega alla cultura, Giulio Ciampoltrini, archeologo responsabile della zona archeologica di Lucca, Alessandro Giannoni, direttore scientifico degli scavi e Mauro Lazzaroni, presidente del Gruppo Archeologico Capannorese (Gac).

Una storia, quella di questo insediamento (siglato Tax/C dal Gac), di almeno cinque secoli che ci parla di un edificio sorto lungo le sponde del fiume Auser, progenitore del nostro Serchio, al tempo della prima colonizzazione romana della piana di Lucca (II secolo a.C.), sviluppatosi nel I-II  secolo d.C. e vissuto fino a quando una sepoltura femminile – l’ormai famosa Aemilia – non ne segnò , in età tardo antica (IV-V secolo),  la fine dell’uso abitativo a favore del l’utilizzo come area cimiteriale.

Ma l’elemento che più di tutti ha suscitato la curiosità e l’interesse dei ricercatori  è  senz’altro rappresentato dalla presenza di un ampio ambiente tripartito, impreziosito da un pavimento in piccoli cubetti laterizi (aventi dimensioni comprese tra 2 e 4 cm di lato) messi in opera su un ‘massetto’ di malta cementizia: si tratta di una tipologia pavimentale (il cosiddetto  ‘commesso  laterizio’ o  opus figlinum), piuttosto rara nei contesti rurali del nostro territorio e solitamente legata ad ambienti di tipo urbano. In particolare, alla funzione di cubiculum (stanza da letto) inizialmente presa in esame, alcuni indizi facevano preferire  l’ipotesi  della pertinenza dell’ambiente a un piccolo balneum o impianto termale privato.  Rispondere a tale quesito era dunque lo scopo dichiarato delle indagini 2017, che non hanno tradito le aspettative. Proprio in posizione adiacente al lato sud dell’ambiente pavimentato in opus figlinum è infatti emersa un’ampia vasca rettangolare,  resa impermeabile da un rivestimento di  malta idraulica (il cosiddetto  ‘cocciopesto’),  sul cui fondo si conservano tracce in negativo del sistema di adduzione dell’acqua. Questa verosimilmente affluiva già calda dalla contigua area posta ad est, per ora non scavata,  dove la marcata presenza di resti carbonio  induce a ipotizzare la presenza di un forno.

“Se, dunque, per ovvie ragioni di prudenza e in attesa di completare le indagini nell’area limitrofa,  è opportuno usare cautela nell’asseverare come vera  l’ipotesi balneum, questa comunque sembra prendere sempre più corpo – spiega il direttore scientifico degli scavi, Alessandro Giannoni – . Compatibili con tale quadro appaiono anche i risultati delle indagini svolte lungo il lato est dell’ambiente pavimentato in figlinum:  malgrado la presenza di una estesa spoliazione, è stato infatti possibile verificare l’assenza su quel lato di un muro di chiusura, a vantaggio di un ampio varco che permetteva evidentemente l’accesso a un ulteriore ambiente, anch’esso per  ora non indagato. In conclusione, le indagini finora svolte – prosegue Giannoni-  permettono di riconoscere  un impianto planimetrico articolato, dove si distinguono alcuni vani caratterizzati dal pavimento in opus figlinum,  strettamente collegati tra loro, che paiono creare un percorso effettivamente compatibile con quello proprio degli impianti termali di età romana, la cui sequenza-base  normalmente prevedeva l’accesso all’ apodyterion (o spogliatoio), da riconoscere nel vano nord, cui seguivano il frigidario , per i bagni freddi, forse da ricercare nell’ambiente non scavato ad est, il tepidario, ambiente di passaggio con temperatura intermedia, e infine il calidario, per i bagni caldi, da individuare nel vano sud, con annessa vasca”.

Si tratterebbe, dunque, di un piccolo balneum, nella versione semplificata senza ‘ipocausto’ (il sistema di riscaldamento ad aria calda sotto il pavimento che solitamente troviamo nei complessi maggiori) adeguata a un contesto rurale, dal tono medio,  quale era quello di Tassignano. Ipotesi, questa, tanto più suggestiva in quanto, se confermata, costituirebbe la prima attestazione in assoluto di un impianto termale nel nostro territorio e aprirebbe a sua volta nuovi interrogativi sulla interpretazione dell’edificio di Tassignano e sull’identità dei suoi antichi abitatori, arricchendo ulteriormente il quadro delle conoscenze sulla storia antica del nostro territorio.

“Gli esiti di questa campagna di scavi si stanno profilando molto interessanti e dall’alto valore scientifico, perchè stanno portando alla luce elementi che ci parlano di una Capannori del passato che se fosse confermata l’ipotesi del balneum per certi aspetti sarebbe inedita – afferma la vicesindaca Silvia Amadei -. Il progetto del sito archeologico di Tassignano ha anche un’importante valenza didattica e formativa perchè coinvolge gli studenti di una scuola capannorese che partecipano attivamente alle attività ed hanno così la preziosa occasione di scoprire in modo diretto la storia del proprio territorio e quindi le loro radici e la loro identità più antica”.

Nell’attesa che le ricerche future chiariscano definitivamente la questione  è possibile visitare una piccola mostra dei materiali più significativi rinvenuti durante lo scavo, allestita dai ragazzi di Officina Fabvlae presso il museo Athena, che sarà visitabile nei mesi di agosto e settembre. Tra i reperti in esposizione, si distinguono  un ampio frammento di pavimento in opus figlinum , una coppa in Terra Sigillata tardo Italica, un frammento di una elegante coppa in vetro blu con costolatura e uno specillum o strumento per la toeletta femminile, in bronzo. Proprio la presenza  di quest’ultimo manufatto potrebbe essere ulteriore elemento corroborante la tesi del balneum  privato.