Il 22 gennaio, si concluderanno le celebrazioni per il 50° anniversario della Caritas Diocesana di Lucca. Un traguardo di rilievo, ma soprattutto un’opportunità per comprendere come e quanto i bisogni della popolazione della nostra zona siano cambiati nel tempo. Era il 1974 quando l’iniziativa del Papa Paolo VI si diffuse nel nostro Paese, spinta dalle necessità di quell’epoca. Il nostro giornale ha chiesto al direttore di Caritas Lucca, Don Simone Giuli, di fare un bilancio dell’opera compiuta.
Come sono mutati i bisogni della popolazione di Lucca in questi cinquant’anni?
“Nel 1974, l’idea di Paolo VI era quella di fornire soluzioni alle nuove povertà che stavano emergendo; diventava indispensabile una carità più strutturata, e quindi l’impegno cresceva ulteriormente, anche rivolgendosi alle periferie”.
Che scenario abbiamo di fronte oggi?
“Inevitabilmente, è cambiato; a partire dagli anni 2000, è stato fondamentale decidere di aprire i Centri di Ascolto, così come i dormitori e le mense. Ha un’importanza notevole – e qui ringrazio ancora oggi chi vi lavora – l’impegno svolto dalla Casa della Carità di Via del Fosso, che sostiene chi ne ha bisogno, cioè diverse decine di persone, a pranzo e a cena; così come è stato cruciale creare, anche grazie alle amministrazioni locali, i dormitori”.
Arriviamo ai giorni nostri: come si presenta oggi il disagio?
“C’è quello derivante da coppie separate o da famiglie mono-genitoriali; la forbice della povertà si è aperta e si manifesta in tutta la sua drammaticità: dal bisogno di cibo alle cure mediche, quindi alla salute: è una povertà sicuramente più diffusa ed è per questo che creare i centri di ascolto – 40 distribuiti sull’intero territorio della diocesi – è fondamentale perché rileva meticolosamente i bisogni”.
Quant’è il numero attuale delle persone che seguite?
“Stiamo parlando di 2400 persone, che non sono affatto poche; al momento stiamo elaborando i dati relativi ai bisogni emersi nel corso dell’anno appena trascorso, presto saremo in grado di condividere il nuovo report”.
Gli anni passano e la povertà cambia aspetto?
“Esatto. Pensiamo al lavoro: un tempo garantiva un sostentamento dignitoso, mentre oggi siamo costretti a parlare di lavoratori poveri: questo è il primo, fondamentale, cambiamento di questo aspetto. Il secondo è dato, come dicevo, dalle famiglie mono-genitoriali, forse con più bambini e se si tratta di una donna, l’aspetto del lavoro risulta essere ancora più penalizzante”.
Forse c’è bisogno di interventi più strutturali?
“Dovremmo avere più giustizia sociale, quindi agire sull’aspetto del lavoro, sull’emergenza abitativa e sulla carestia degli affitti: l’elevatore sociale non funziona più, per poter migliorare, secondo le statistiche ufficiali, servono 4 – 5 generazioni, è facile capire quanto si tratti di un disagio prolungato e cronico”.
C’è una certa preoccupazione per la crisi del volontariato.
“Chi ha il desiderio di fare volontariato si rivolga alla Caritas; ne abbiamo bisogno e il nostro appello va oltre la sola categoria di chi crede: abbiamo bisogno di supporto per aiutare chi ne ha bisogno e abbiamo notato, purtroppo, un declino negli slanci; abbiamo bisogno di persone che vogliano aiutare a concretizzare i progetti per contrastare la povertà organizzati da Caritas Lucca e colgo l’occasione per ringraziare non solo chi lavora nei Centri di Ascolto ma anche i dipendenti di Caritas Lucca senza il cui impegno non potremmo realizzare gli obiettivi che ci stiamo prefissando”.
2025-01-09 06:42:00