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Dalla missione in Rwanda alle iniziative di solidarietà: ‘Mamma Carla’ è morta

Lutto a Capannori per la morte di Carla Frediani, conosciuta da tutti come Mamma Carla, a quasi 90 anni.

Le rende omaggio l’ex sindaco, ora consigliere provinciale e presidente del consiglio comunale, Luca Menesini.

Carla Frediani, nata nel 1935, fu una missionaria laica in Rwanda per la Diocesi di Lucca dagli anni Settanta al 2013 – continua Menesini – guadagnandosi l’appellativo di Mamma Carla. Infatti, durante i suoi molti anni di permanenza nel Paese delle mille colline, assunse il ruolo di madre per tutti, inclusi coloro che non avevano mai visitato l’Africa. Nonostante il suo fisico fragile e la semplicità, partì per quelle terre sconosciute senza conoscere la lingua e con poche competenze nel campo della salute, vivendo spesso in condizioni precarie e a volte pericolose. La sua grande fede, il coraggio e la voglia disinteressata di aiutare gli altri sono sempre state le sue caratteristiche più salienti che le hanno permesso di fare cose straordinarie. La sua missione principale era sempre di prendersi cura dei poveri, restituendo loro la dignità. Per anni ha gestito dispensari e centri nutrizionali dove ogni giorno decine di donne da zone lontane fino a 30 chilometri di distanza si mettevano in fila per far visitare, pesare e ricevere consigli sul nutrirsi dei propri figli, e se necessario ricevere medicinali. Prima di ripartire, mangiavano un pasto nutriente preparato per loro e i loro figli, lasciando infine il centro con un fagotto di fagioli, sorgo o riso sulla testa per il viaggio di ritorno. In Rwanda, la malnutrizione infantile cronica era ed è tuttora molto diffusa, raggiungendo in alcune aree una percentuale superiore al 50%. Non era raro vedere bambini di 2 anni che pesavano appena 4 chili con il viso e l’addome gonfio, affetti da Kwashiorkor. E lei con la sua semplicità e determinazione, non mancava mai un giorno. Carla, in 40 anni di missione, ha salvato migliaia e migliaia di vite,” dice Menesini.

Oltre a questo, “aiutava molte famiglie e molte donne sole con figli a costruire la loro prima casetta dignitosa, con alberi e fango e lamiere come tetto – ricorda ancora Menesini – Provvedeva al cibo necessario nei periodi di carestia. E poi le borse di studio per tante ragazze e ragazzi. Perché una volta risolti i bisogni primari (un piatto caldo e un tetto), viene l’istruzione come leva di promozione umana. Di riscatto sociale per evitare di sprofondare di nuovo nell’abisso della povertà estrema. Negli ultimi anni, il suo lavoro si è inoltre concentrato nella creazione di una rete di scuole d’infanzia, per iniziare il percorso di educazione dei bambini fin da piccoli e per alleviare le madri dalle loro responsabilità e consentire loro di lavorare e contribuire all’economia della famiglia. È rimasta in Rwanda anche nei periodi peggiori della guerra, sempre accanto e unita alla sua gente”.

“Ma la sua azione non si è fermata in Rwanda. Il suo eco si è sentito forte anche qui, da noi – prosegue – A Castelvecchio di Compito, suo paese natale. A Capannorese, in tutta la Diocesi e in tanti altri posti, sono nati gruppi di persone, più o meno formali, a sostegno della sua missione. Sono stati costruiti molti ponti ideali per unire le nostre comunità a quelle di Cyeza, di Rukomo, di Nyarurema e molte altre ancora. Alcuni di questi gruppi sono diventati associazioni stabili, come Noi e il Terzo Mondo, che continuano ad operare in quella realtà ed affiancano questa opera con un’azione di sensibilizzazione ed educazione alla mondialità: promuovono idee per un mondo più giusto. Con Carla ho vissuto per 3 anni, dal 2000 al 2003. Durante la mia permanenza nella missione di Nyarurema. Da lei ho imparato molte cose, tra cui l’accoglienza e l’ascolto. La cura di tutti. Ma soprattutto il grande senso e mistero della vita. Il valore della persona. E che le “rivoluzioni” più grandi le fanno i semplici. Quelli con il cuore puro”.

Era la figura affettuosa in quella casa. Di preti e laici. Di volontari e di coloro che venivano semplicemente a lavorare. Per tutti era Mamma Carla. Prima di tutto conta la persona e la sua dignità. E se la dignità è perduta, non importa perché, si aiuta a ritrovarla – conclude Menesini – Questo emanava dal suo grande cuore. Che oggi ha smesso di battere. Ma continuerà a farlo in ognuno dei nostri. E continuerà a vivere nei nostri pensieri e nella testimonianza che ci ha lasciato. E quindi me la immagino in questo nuovo viaggio, per raggiungere le tante persone a cui ha voluto bene, su strade polverose di terra rossa battuta. E per il ronzio della sua Jeep che passa, vedo sbucare dai bananeti decine e decine di bambini che gridano a squarciagola Komera Mama Carla!. Ed è una festa. Ed è di nuovo speranza! Buon viaggio Carla.”

Anche il Centro Missionario Diocesano ha voluto ricordarla. “Mama Carla! Questo è il grido gioioso lanciato dai molti bambini che lungo le strade di Nyarurema e Rukomo salutavano con la mano la jeep di Carla mentre passava. 
All’inizio Carla non aveva neanche la patente, girava a piedi o veniva portata in bicicletta, ma poi capì che per muoversi nei villaggi ruandesi doveva avere una macchina e imparare a guidare, cosa che fece conseguendo la patente in Rwanda”.

“Carla, nata in una famiglia di contadini e seconda di tre figlie, a 15 anni andò ad assistere la sua anziana nonna paterna e due zie che abitavano a Lucca in centro storico. Qui iniziò a frequentare il movimento Regnum Christi di Lucca e in quegli anni frequentò anche un corso di infermiera presso la Croce Rossa – continua il Centro Missionario – Sempre lei stessa si definiva una persona semplice che, mosse da curiosità e dalla richiesta di un prete, Don Giancarlo Bucchianeri, aveva deciso con un’amica di raggiungere il missionario in Rwanda all’età di 44 anni, ‘tanto non ho altro da fare…’, come lei stessa ripeteva. Dopo una prima esperienza di un mese, parte per il Rwanda nel luglio del 1979 e insieme a Don Giancarlo Bucchianeri muove i primi passi nella parrocchia di Nyarurema, nell’attuale diocesi di Byumba, nella provincia dell’Umutara a nord del paese. Questa decisione si trasformò in una scelta di vita che la legò al Rwanda per ben 35 anni. Successivamente scelse di diventare laica consacrata nel movimento Regnum Christi. Nonostante il suo fisico minuto ed esile, chi l’ha vista da vicino avrebbe pensato che una folata di vento l’avrebbe portata via, in realtà era forte come una quercia, per aiutare un bambino diventava una leonessa, e aveva le sue radici saldamente attaccate al terreno, quella terra rossa che non avrebbe mai voluto lasciare perché la sentiva come la sua seconda casa. Il centro nutrizionale di Nyarurema e poi anche quello di Rukomo in Rwanda erano “oasi protette”. Lì accoglieva i bambini malati e denutriti, insieme alle loro madri. Li pesava, misurava il perimetro brachiale offrendo alla tante madri una speranza. Bambini con il viso emaciato, capelli gialli, ventre gonfio o corpo scheletrico ricevevano ogni tipo di cura, inviando i casi più gravi agli ospedali vicini e quando necessario, addirittura ai specialisti dell’ospedale della capitale, Kigali, a 150 km di distanza. Stiamo parlando degli anni ’80, un Rwanda completamente diverso da quello di oggi”.

Il Centro missionario conclude così: “Carla Frediani ha affrontato le piu’ grandi atrocità durante la guerra, nel periodo oscuro del genocidio eppure la sua fede non ha mai vacillato perché dove la gente vedeva miseria e disperazione, lei trovava speranza e misericordia per tutti. Una volta, mentre era oggetto di una rapina a mano armata, non perse l’occasione di dire ai ladri che stavano sbagliando e che dovevano pentirsi, che dovevano cambiare vita. Non ha mai amato stare sotto i riflettori, era aliena ad ogni forma di clamore o pubblicità, non amava farsi fotografare e a chi elogiava il suo operato rispondeva decisa ma chi io? Oh, cosa avrò fatto mai… sono solo un’umile serva del Signore”.

Anche il vescovo Paolo Giulietti dedica un ricordo alla missionaria laica: “Sono grato per la testimonianza di una vita spesa per i poveri e al servizio della Chiesa. Carla è stata una delle persone più significative nella lunga storia di amicizia tra le diocesi di Byumba e Lucca; durante il mio recente viaggio in Rwanda ho notato come il suo ricordo sia ancora vivo tra la gente della parrocchia di Nyarurema e chi ha avuto l’opportunità di conoscerla. Penso di poterla proporre come una testimone di speranza per questo nostro anno giubilare; sono certo che nell’incontro con il suo Signore non sarà delusa”.

L’associazione Noi e il terzo mondo di Castelvecchio di Compito riprende le parole di un’operatrice ruandese cresciuta con Carla a Nyarurema: “Non era la madre del nostro villaggio, ma di tutti coloro che ne avevano bisogno. Ha scelto di restare con la sua gente anche nei momenti più drammatici. Chiunque bussava alla sua porta era sempre il benvenuto. Sarà sempre nei nostri cuori anche se non sarà più fisicamente con noi. Quando una persona muore si dice: andrà in paradiso. Lei è una di quelle persone di cui questa frase risulta autentica e vera.“.

Carla sarà esposta presso la camera ardente dell’obitorio di Lucca fino a giovedì 16 gennaio alle 16. Successivamente, dopo la chiusura della cassa, sarà portata nel Compitese alla chiesa di Castelvecchio basso, dove la sera alle 21 ci sarà un rosario missionario. Venerdì 17 gennaio mattina il feretro sarà portato alla chiesa di Capannori dove resterà fino al funerale, fissato per le 15, e presieduto dall’arcivescovo Paolo Giulietti.

2025-01-15 09:51:00