LUCCA. Arriva la prescrizione e si porta via tutto: la tragedia nel lago, la disperazione di una famiglia, la condanna in primo grado e in appello per omicidio colposo. Finisce così, davanti alla quarta sezione penale della Corte di cassazione, la vicenda della morte nel lago di Massaciuccoli di Enrico Bellandi, 55enne commerciante di fiori di Spianate (Altopascio). Troppo tempo è passato da quell’11 maggio del 2008, quando il lago di Puccini inghiotti Enrico, che viaggiava sopra il barchino di Giovanni Betti, 49 anni, anche lui di Altopascio ed ex dipendente della Salt.
Nel 2013 Betti era stato condannato a otto mesi di reclusione in primo grado dal giudice dell’allora tribunale di Viareggio per omicidio colposo (la pubblica accusa aveva chiesto un anno e due mesi). La sentenza era stata poi confermata nel settembre del 2015 dalla Corte di appello di Firenze.
Betti ha comunque deciso di presentare il ricorso in Cassazione ed è stato proprio nel periodo fra il secondo e il terzo grado di giudizio che è maturata la prescrizione: per la precisione, scrivono nella sentenza i magistrati della Suprema corte, il 15 giugno del 2016.
La Cassazione ha comunque riconosciuto il valore delle sentenze di primo grado e di appello per quanto riguarda gli effetti civilistici di risarcimento alla famiglia della vittima. Nelle motivazioni, si spiega che di fatto la ricostruzione della pubblica accusa sulla tragedia del Massaciuccoli era corretta e suffragata da prove.
Quel giorno Betti aveva invitato l’amico sul Massaciuccoli per partecipare a una gita in occasione del palio dei barchini. Con loro c’era anche il figlio di otto anni di Betti. Poco dopo le 17 l’incidente. Alcuni dei testimoni – come fu riferito in aula durante il processo – videro Bellandi alzarsi all’improvviso e cadere in acqua. E poi la barca ribaltarsi con gli occupanti che in pochi attimi si ritrovarono a lottare per la vita nelle acque limacciose del lago. Betti riuscì a salvare il figlio. Ma nonostante il tentativo di salvataggio da parte dell’amico Bellandi venne inghiottito dalle acque. Immediate partirono le ricerche. Per ore Betti e i familiari rimasero sul Belvedere ad attendere i risultati delle ricerche. Il corpo senza vita dell’uomo fu ritrovato il giorno successivo dai
sommozzatori. Nonostante l’amicizia che legava Bellandi e Betti, quest’ultimo finì da subito nel registro degli indagati. Sul barchino non c’era infatti alcun salvagente. Né i giudici hanno accettato l’ipotesi di un malore che potrebbe aver colpito Bellandi poco prima di cadere in acqua.
Fonte: Il Tirreno