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PORCARI Diego, il volontariato come scelta di vita – Cronaca

Porcari (LUCCA) –

Ci sono destini che ti entrano sottopelle all’improvviso. Sono destini che si materializzano quando meno te lo aspetti, e sparigliano le carte della vita. Qualcuno definirebbe – soprattutto nella giornata odierna, giornata di bilanci, felicità e rimpianti – i momenti sliding doors: le alternative che stropicciano ogni cosa. Nella vita di Diego Martini, nato a Volterra nel 1980, lucchese d’adozione, quel momento è accaduto otto anni fa e ha il nome di Anis. «Era un giovane ragazzo albanese cui, a seguito di un grave incidente, era stata prospettata l’amputazione del braccio. Mi appassionai al caso, e cercammo di salvarlo: dopo mille difficoltà riuscimmo a farlo arrivare in Italia. Un’operazione, un’altra e il braccio venne reso utilizzabile grazie a una protesi. Lo sento ancora, lui adesso è sposato e ha due figli, vive in Albania. Ma non potrò mai dimenticare i suoi occhi. Trasmettevano un senso di riconoscenza che non riesco a descrivere a parole».

Che la sua vita sarebbe stata nel mondo del volontariato, Martini lo aveva capito da subito. O, meglio, da quando un suo amico lo aveva invitato a fare il volontario alla Casa della carità. «Capii che quello doveva essere il mio lavoro. Quando lasciai il sicuro impiego in banca per quella che consideravo la mia nuova missione di vita ci fu non poco stupore. Soprattutto da parte dei miei genitori». Abbandonare il certo per l’incerto. Scegliere guidati dal cuore, e dall’istinto, mettendo da parte per un attimo la ragione. «Dopo una fase di assestamento iniziale, ho cominciato a lavorare a tempo pieno presso il Gruppo Volontari Accoglienza Immigrati (GVAI) e ho continuato la mia collaborazione con la Casa della Carità. Ad oggi sono coordinatore del dormitorio e della mensa proprio di quest’ultima associazione che mi ha visto agli albori».

Il riferimento è al GVAI, un’Opera sociale della Diocesi, costituita all’interno della Caritas, che dal 1990 in via dei Fossi ascolta e accoglie i migranti. «Grazie all’importante aiuto di circa ottanta volontari – continua Martini – il Gruppo gestisce un Centro di Ascolto, il servizio Agenzia Casa, il banco alimentare, tre centri di accoglienza: due maschili e uno femminile, che sostengono più di cento persone. Collaboriamo inoltre all’attività della Mensa della Carità, gestita dalla Casa della Carità, cui ogni giorno siedono 90 bisognosi». Negli anni le attività sono cambiate, seguendo le necessità dei tempi: il costante aumento di minori stranieri non accompagnati, soprattutto da Marocco e Albania, ha stimolato ulteriormente la necessità di accoglienza e di tutela (abitativa, legale, formativa). «Gestiamo – prosegue Martini – anche due case dedicate ai minori o ai neomaggiorenni, sia italiani che stranieri, in difficoltà. Aiutiamo i richiedenti asilo politico che gravitano intorno a Lucca e Porcari, lavorando a stretto contatto con la Casa della Carità. Con me, a vario titolo, collaborano circa trenta persone, di cui la maggior parte sono volontari. L’obiettivo è unico: aiutare. I migranti all’arrivo nel Paese ospite hanno necessità di veder analizzati i loro bisogni, così da provare a capire le loro motivazioni e le priorità formative di integrazione. Superata la fase di assestamento della pronta accoglienza e le pratiche inerenti il rilascio dei documenti, il primo bisogno che si manifesta è quello legato all’apprendimento della lingua italiana. Vivendo a stretto contato con loro, e ascoltandone le testimonianze di vita, è facile accorgersi che le loro necessità non sono poi così distanti e differenti da quelli di ognuno di noi: il bisogno di una casa, il bisogno di un lavoro per mantenerla e, in alcuni casi, costruirsi una famiglia e tutte quelle condizioni e opportunità che permettono di realizzare il proprio progetto di vita».

L’assistenza però non è destinata solo ai migranti, ma sempre più spesso ai lucchesi in difficoltà. «Quando ho cominciato a fare volontariato, dieci anni fa, la stragrande maggioranza di persone erano cittadini stranieri che dovevano ancora integrarsi nel contesto locale a causa di difficoltà economiche, lavorative, linguistiche e culturali. Negli ultimi anni sono notevolmente aumentati i bisognosi locali, persone che hanno perso in maniera più o meno repentina i propri riferimenti e che si trovano in uno stato di generale smarrimento all’interno di un contesto conosciuto, ma fino a quel momento visto con occhi diversi. Sono persone che hanno visto sgretolarsi il proprio nucleo familiare di origine, magari a causa di un divorzio, alla perdita del lavoro o a delle devianze prima controllate. Ci sono tanti uomini soli e in difficoltà, ma non mancano le donne. Chiedono assistenza, un letto e un pasto. Soffrono di solitudine, spesso sono smarrite. Sono aumentate anche le donne straniere

poiché, a differenza di quanto accadeva una manciata di anni fa, ora hanno difficoltà a trovare lavoro visto che oggi molto famiglie italiane non hanno più le possibilità economiche per assumere una badante a tempo pieno. A tutte loro tendiamo una mano, garantiamo ascolto».

Fonte: Il Tirreno