LUCCA.Straziata dalla solitudine e dalla sofferenza, dalla morte atroce che si era data aprendo i tubi del gas dell’appartamento in cui viveva, al piano terra di un palazzo in via Torino ad Altopascio, e scatenando il fuoco. Straziata dal tempo trascorso da quel terribile giorno, il 13 gennaio 2020: ad oggi, quasi cinque mesi dopo, la salma di Eduarda Pinheiro, ragazza trans di quarantuno anni, giace ancora in una cella frigorifera della Medicina Legale di Pisa. Nessuno finora le ha dato una giusta e dignitosa sepoltura.
Dolore su dolore, tristezza su tristezza. Anche al solo pensarla la sua storia fa male. Eduarda, originaria di Recife, in Brasile, viveva ad Altopascio da molti anni, nessuno dopo la sua morte è riuscito a ricostruire quanti. Era bellissima e schiva; poche e poco profonde a sentire chi la conosceva, le amicizie con altre ragazze trans come lei. Ma di Eduarda tanti conoscevano il grande cuore, il suo desiderio di aiutare gli altri, in silenzio e senza farsene vanto: ad esempio quando andava a fare la spesa, specie quando le sue condizioni erano economicamente più floride, non mancava mai di provvedere anche per famiglie che sapeva in difficoltà .
I soldi però erano cominciati a diminuire, sempre più. Eduarda aveva venduto anche la sua automobile. Le rimaneva il suo piccolo appartamento in via Torino, dove trascorreva gran parte del suo tempo, ma con il passare dei mesi anche i soldi per l’affitto erano venuti a mancare: a marzo 2019 aveva ricevuto l’avviso di sfratto. Era riuscita ad andare avanti fino al 13 gennaio successivo: sapeva che quel giorno l’ufficiale giudiziario sarebbe arrivato, avrebbe messo i sigilli alla sua abitazione e lei sarebbe rimasta senza neanche un tetto sotto il quale dormire.
Eduarda anche questo non è riuscita a sopportarlo. Quel giorno, nella tarda mattinata, ha scritto l’ultima frase sul suo profilo Facebook: “L’unico modo per ammazzare una stregaâ€. E si è scattata un selfie. È l’ultima foto, in cui si vede il suo viso sconvolto, si vede la paura. Non ha finito la frase con le parole, ma con un’azione folle: quando ha sentito suonare il campanello, presagendo l’arrivo dell’ufficiale giudiziario, ha aperto il rubinetto del gas, ha fatto clic sull’accendino.
Il fuoco è divampato, inghiottendola, distruggendo subito quasi completamente il suo povero corpo. Eduarda è morta ventiquattro ore dopo nel reparto Grandi Ustioni di Cisanello.
Ha fatto rabbrividire la storia di Eduarda, morta in solitudine senza mai chiedere aiuto ad anima viva, senza mai rivolgersi a un servizio pubblico. Alcuni conoscenti, nell’immediatezza della sua morte, hanno tentato di raggiungere, tramite i social, la sua famiglia in Brasile. Un’amica è riuscita a contattare una sorella di Eduarda, per informarla della tragedia e chiederle se sarebbe venuta a prendere la salma della sorella, per portarla in Brasile. Ma ci sono state esitazioni, probabilmente anche problemi economici per la famiglia per espletare tutte le formalità necessarie. Una conoscente del posto si è fatta avanti per farsene carico, ma poi si è resa conto di non poter provvedere al funerale.
Era già febbraio avanzato. È sopravvenuta la pandemia, fabbriche negozi uffici e scuole sono stati chiusi, le persone relegate nelle case per combattere la diffusione del virus. Si è fermato tutto. Ma poi le fabbriche hanno riaperto, i negozi anche; le scuole non ancora. Le persone hanno ripreso a uscire, indossando le mascherine. Il povero corpo di Eduarda per tutto questo tempo è rimasto lì, al freddo della cella in cui è conservato.
Un po’ dimenticato per gli eventi, un po’ per le difficoltà burocratiche. Ma un po’, anche, nell’indifferenza. Risulta che negli ultimi giorni, dagli uffici sanitari preposti, sia stato inviato un avviso all’amministrazione comunale sul cui territorio Eduarda risiedeva: nel caso in cui non ci siano familiari a provvedere alla sepoltura di una persona, spetta, per legge, all’amministrazione comunale di residenza di farsene carico.
Risulta anche che negli ultimi giorni la sorella di Eduarda che fu contattata dopo la sua morte abbia telefonato alla stazione dei carabinieri di Altopascio. Forse c’è una recondita possibilità che possa venire a prendere Eduarda, portarla in Brasile, darle sepoltura. Forse. Altrimenti dovrà intervenire l’istituzione comunale di riferimento. Non si può aspettare altro tempo.
«L’associazione sarà disponibile a insistere affinché si metta un punto a questa situazione e si dia una doverosa sepoltura a Eduarda». Queste parole le dice Regina Satariano, presidente e fondatrice del Consultorio Transgender di Viareggio. Regina è stata vicina alla storia di Eduarda fin da subito. E adesso, per lei, chiede la giusta dignità che spetta a tutti gli esseri umani al termine della vita. —
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Fonte: Il Tirreno