Mercoledì, 01/03/17 19:09
Vivarelli Colonna risponde alla interrogazione su Casapound
Vivarelli Colonna risponde alla interrogazione su Casapound
Cari colleghi, cari consiglieri, cari cittadini, vi confesso di aver trovato non poche difficoltà a rispondere a questa interrogazione. Io mi reputo un uomo semplice, di campagna, sempre occupato a fare, a lavorare e anche ad amministrare. La terra ti guarda in faccia, ti insegna tanto, non ha pietà della tua stanchezza, della tua debolezza, non ti chiede e non le interessa se tu stia bene o male, se tu abbia problemi, non si addentra nelle tue questioni, ti restituisce quello che tu dai, molto spesso, molto meno di quello che tu dai. Essere stato abituato fin da piccolo a dover soffrire per ottenere una vittoria, un qualsivoglia risultato, ha sviluppato in me una forte pragmaticità . Non sono mai stato persona che si sia persa dietro elucubrazioni o circonvoluzioni mentali, ho sempre guardato all’aspetto della vita che mi consentisse di superare i problemi circostanziali, quasi con ingordigia, perché ho sempre saputo, che se non avessi trovato in me la forza di superarli, loro avrebbero superato me e mi avrebbero schiacciato. Questa vostra richiesta ha suscitato in me una visita introspettiva inaspettata e per certi versi, vi confesso, sconvolgente, mi ha costretto a mettermi a nudo davanti a me stesso e a pormi degli interrogativi che mai erano balenati nei miei pensieri più reconditi. Ho dovuto astrarmi dal mio ruolo di amministratore e ho dovuto vestire l’abito dell’introspezione e scandagliare ambiti della mia mente che erano sopiti nel tempo. Una grande fatica, una fatica diversa da quelle a cui ero abituato. Io sono un civico. Sono un amministratore. Non sono un ideologo. Non sono un politico. La mia stella polare è, è sempre stata e sempre sarà , comunque e a qualunque costo la libertà individuale. Credo che sia il bene supremo. Voltaire diceva: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. E io la penso proprio come Voltaire. Cosa sono ora le ideologie del passato, in un presente che vola e viaggia turbinoso a velocità impressionanti, mutevole, cangiante, frenetico, a volte assurdo, cosa sono oggi le ideologie in generale,mi domando? Io credo che la storia dellÂ’uomo sia una grande lotta tra la libertà e la violenza. Due forze ciclopiche e centrifughe che hanno attraversato i millenni. Se è vero che amo la libertà , con altrettanta forza è vero, che odio la violenza. Aborro l’uomo che diventa assassino. L’uomo che diventa mostro. LÂ’uomo che diventa carnefice di sé. Aborro la violenza e lÂ’odio che hanno portato Gengis Kahn a causare 40milioni di morti nelle sue guerre di conquista. Gli europei ad uccidere oltre 50 milioni di nativi americani e oltre 700mila aborigeni australiani. I 270 milioni di morti causati dalla Jihad in 14 secoli. Fino ad arrivare, sorvolando su innumerevoli pagine oscure della nostra storia, alle atrocità del secolo trascorso: i 6 milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio nazisti, le 20 milioni di persone affamate e trucidate da Stalin nelle sue purghe. I 65 milioni di morti causati dallÂ’olocausto rosso dei regimi comunisti a partire da Mao e a continuare con Pol Pot. Tutto questo è la negazione più spregiudicata del diritto alla vita, una mostruosa aberrazione demoniaca della cattiveria umana. Ogni mattina nel mio ufficio mi fermo per alcuni istanti davanti alla lavagna di Maiano Lavacchio e un brivido, ogni mattina, percorre la mia schiena, ogni mattina un brivido percorre la mia schiena. Pochi giorni fa, per la giornata del ricordo, ho visto le immagini tragiche del recupero dei corpi degli infoibati: da una ferita della terra, un groviglio di corpi mummificati veniva riportato alla luce. Tra quei cadaveri, a un momento, ho potuto scorgere quelli di una madre e una figlia, abbracciati per sempre, lÂ’una allÂ’altra. Non oso immaginare il dolore atroce e la disperazione che quegli occhi hanno visto, rifugiandosi in quellÂ’estremo abbraccio di amore e morte. Davanti a queste scene il mio sangue ribolle e spesso la commozione mi toglie il fiato. Queste immagini appartengono, per fortuna al passato. Oggi abbiamo bisogno di amore, di passione. Abbiamo bisogno che la nostra città , la città di Grosseto, sia amministrata con competenza e con passione. Io sono qui per amministrare, per far progredire una città che funzioni. Una città dove ci sia tolleranza e libertà di pensiero. Mesi fa abbiamo rinnovato la convenzione con lÂ’Istituto storico della resistenza e dellÂ’età contemporanea. Qualche settimana abbiamo confermato il contributo per il festival resistente. Ho partecipato con le scuole all’Eden alla celebrazione della giornata della memoria. Vi do queste informazioni che non sono notizie. Non devono far notizia. Perché non ci deve essere il pregiudizio ideologico nelle nostre scelte. Ma nemmeno nei vostri pensieri. Noi siamo per la libertà . La libertà di espressione di sé stessi e dei propri pensieri. Avete trovato singolare il fatto che, un anno fa, al momento della presentazione della mia candidatura a sindaco di Grosseto, citai un grande sindaco del Novecento: Giorgio La Pira. Quel giorno, diedi inizio alla campagna elettorale che ho voluto fondare sullÂ’amore. Oggi, voglio tornare a citare La Pira. “Per gli uomini non vale che una sola legge ed un solo fine: la legge dell’amore ed il premio dell’amore. Tutto il resto è menzogna e vanità .”
Fonte: Comune di Grosseto